Presentazione del Manuale SAV aggiornato, influenza della quantità di colture batteriche sulla qualità del formaggio e futuro del progetto di risanamento SAGB. Questi i temi affrontati dagli Uffici cantonali. Dalla sala gremita di casari e gestori d’alpe sono emerse soprattutto preoccupazioni legate alle temperature e alla disponibilità d’acqua.

Nella prima parte della giornata dell’alpigiano, che si è svolta a Cresciano giovedì 27 aprile, Patrizia Riva Scettrini della Consulenza agricola ha informato i presenti sulle principali modifiche riportate nel nuovo manuale SAV, che valgono sia per chi lavora il latte in alpeggio sia per chi lo fa in azienda. Le novità sono molte: sono cambiate le condizioni di stoccaggio del latte e c’è anche un capitolo per chi lavora il latte di capra e di pecora. I cambiamenti principali riguardano però il piano d’analisi microbiologiche che prevede più controlli e nuovi esami per quasi tutte le produzioni casearie. Le differenze sono così tante e di dettaglio che non è possibile riportarle all’interno di quest’articolo. Inoltre, il manuale è stato realizzato come strumento per tutta la lavorazione lattiero-casearia nazionale e sono stati definiti regolamenti per produzioni inesistenti in Ticino. Dall’altro lato invece, produzioni di formaggio fresco a latte crudo come ad esempio il büscion, non sono state incluse nella linea guida. Servirà senz’altro un periodo di adattamento, non solo per chi lavora il latte, ma anche per chi effettuerà le analisi. «Non essendoci infatti dati di riferimento per le nuove analisi, è difficile prevedere con che frequenza si incapperà in un eventuale superamento del limite», ha concluso Patrizia Riva Scettrini che ha anche aggiunto che continuando a prestare attenzione all’igiene nei processi di lavorazione non dovrebbero esserci grossi problemi.

Il nuovo manuale entrerà in vigore già a partire dalla stagione alpestre 2023 e si può richiedere all’Ufficio della consulenza lattiera. Sarà pronto verso la fine di maggio e sarà disponibile solo in formato elettronico e consegnato in una chiavetta USB al costo di 40 franchi. Questo nuovo manuale non avrà la numerazione delle pagine, così da permettere integrazioni e aggiornamenti più tempestivi. Il costo degli aggiornamenti però, a partire dal secondo anno, sarà fatturato ai fruitori tramite un contributo di 4 franchi per tonnellata di formaggio prodotto. Un sistema un po’ macchinoso. Per snellire la riscossione di questi pagamenti, a beneficio di tutti, l’Ufficio della Consulenza agricola non richiederà la produzione annua ad ogni alpeggio, ma definirà il costo in base ai volumi lavorati negli ultimi tre anni.

Da ultimo, per chi lo desiderasse, fin da subito è possibile richiedere un estratto del piano di analisi in cui vengono riassunti i punti principali, scrivendo a: dfe-sa.latte@ti.ch

Influenza delle colture sulla qualità del formaggio

Nella seconda presentazione della mattinata John Haldemann, di Agroscope, ha presentato un esperimento condotto per valutare in che modo la percentuale di coltura batterica utilizzata in lavorazione influenzi la qualità del formaggio. Innanzitutto ha chiarito come la coltura batterica determini sia la partenza che la conclusione dell’acidificazione. Questo accade grazie alla presenza di batteri che entrano in azione a temperature diverse, mesofili e termofili, responsabili anche della comparsa dell’occhiatura. Ha poi esposto tutti i pregi di una coltura batterica creata specificatamente per il Formaggio d’alpe ticinese, che conta ben 50 ceppi diversi che possono intervenire o meno nel processo. Il dato più interessante è stato però quello legato ai quantitativi di coltura utilizzata. In Ticino, per il Formaggio d’alpe, rappresenta circa lo 0,2 per mille, che corrisponde a un quinto di quella usata ad esempio nella produzione di Gruyère e a circa un ventesimo di quella che viene usata nel Berner Alpkäse. Insomma, nella produzione di formaggio d’alpe ticinese si impiegano percentuali davvero basse di coltura. In base alla prova condotta in parte a Liebefeld e in parte nella Cantina di affinamento del caseificio del Gottardo non sono emerse grandi differenze né di aroma né di occhiatura tra le forme prodotte con quantitativi abbondanti di coltura e quelle con quantitativi ridotti o nella norma. Cambia però, con una stagionatura di quattro mesi, l’indice di proteolisi che aumenta in base alla quantità di coltura impiegata. La proteolisi, la scomposizione delle proteine, può influire sul profilo aromatico e sul sapore del formaggio contribuendo a creare note più dolci e una maggior complessità e dare più finezza alla struttura.

Alla fine della presentazione di Haldemann, che è stata seguita con grande attenzione, è emersa però da parte dei casari e dei gestori presenti in sala la preoccupazione principale in vista della prossima stagione alpestre. Concluso il processo di acidificazione è infatti imperativo raffreddare il formaggio, e per farlo servono cantine fresche e acqua fredda e potabile. Due cose che purtroppo stanno diventando sempre più rare.

Disposizioni d’alpeggio, suini sorvegliati speciali e futuro del progetto di risanamento da SAGB

In conclusione di mattinata il veterinario cantonale, Luca Bacciarini, ha ricordato l’importanza delle disposizioni d’alpeggio, così come della registrazione dell’uscita e dell’entrata in azienda di ogni capo di bestiame. Ha inoltre invitato tutti i presenti a prestare particolare attenzione ai suini alpeggiati: la situazione legata alla peste suina africana è ancora critica in Piemonte e in Liguria e anche se sta avanzando lentamente, la possibilità di un salto geografico provocato da un resto alimentare c’è. Ai maiali alpeggiati non devono mai essere dati avanzi di cucina o altri scarti di cibo, sia da parte dei gestori, sia dai turisti.

Per quanto riguarda il progetto di risanamento da Stafilococco aureo gen. B, Michael Vaccani ha sottolineato il successo dello scorso anno: su 47 alpeggi controllati, 47 sono risultati indenni da SAGB. Ha inoltre comunicato che le procedure per il monitoraggio nel 2023 rimangono le stesse dello scorso anno. Purtroppo, nonostante i risultati positivi ottenuti dal progetto, che oltre al risanamento degli animali ha portato a una maggior produzione e a un miglioramento della qualità del latte, una sua estensione a livello nazionale al momento sembra poco probabile. L’interesse da parte delle principali associazioni di categoria, Swissmilk in particolare, è un po’ scemato. Difficile al momento immaginare un progetto di risanamento obbligatorio a livello nazionale e per ora si sta puntando alla creazione di un progetto su base volontaria promosso principalmente dall’associazione di categoria Salute degli animali da reddito svizzera.

In conclusione Valerio Faretti, presidente della Società ticinese di economia alpestre, ha ricordato a tutti che le modifiche apportate di recente nel disciplinare del Formaggio d’alpe ticinese, prima di venir adottate dovranno essere approvate dall’Ufficio federale dell’agricoltura ed entreranno verosimilmente in vigore nel 2024.

Cristian Bubola