È proprio vero che in Ticino bastano pochi minuti di macchina per trovarsi di fronte a paesaggi mozzafiato: prati e colline verdi, boschi ancora selvaggi, qualche casupola seminascosta dalla vegetazione dall’altro lato della valle e dietro la cresta delle montagne. È il caso per esempio di Certara (1’025 m s.l.m.), in Val Colla, a meno di venti chilometri da Lugano.

Siamo ancora agli inizi di maggio ed è una di quelle prime giornate che sanno di estate; fa caldo, c’è un sole che spacca i sassi. La giornata diventa ancora più serena quando vengo accolto con allegria dalla padrona di casa, Arianna Morosoli, classe 1976, che gestisce proprio nel cuore di Certara l’Azienda agricola Morosoli.

Mentre iniziamo a chiacchierare, vedo i vari recinti accanto alla casa e per prima cosa noto le galline. Poi il mio sguardo cade sul prato sottostante, dove ci sono gli asini. Partiamo quindi da loro, perché scopro che l’azienda è partita un po’ da lì, oltre che «dalla voglia di insegnare a nostro figlio Ian che la carne non nasce nelle buste su uno scaffale al supermercato».
«Non so bene perché abbiamo deciso di prendere degli asini. Avevamo questo prato sotto casa ed è stato un po’ mio marito Micha a spingermi, all’inizio. Poi si è presentata la possibilità di avere due asinelle già gravide e mi sono lanciata». Gli asini son davvero speciali, mi racconta Arianna. Malgrado gli stereotipi tanto diffusi, sono molto intelligenti e anche affettuosi. «A me poi piace viziarli e fin da piccoli gli insegno a rispondere al fischio portandomi sempre dietro una carota o un finocchio, così che imparano ad associare il richiamo a qualcosa di buono». Ho conferma di quanto detto subito dopo, quando fischia e li chiama: «végn!» In fila ordinata e con passo tranquillo, li guardiamo venirci incontro: quattro femmine e due cuccioli di appena un mese. «Sotto casa tengo le femmine con i piccoli», mi spiega, facendomi poi vedere altri asini in un pascolo poco lontano, dove stanno le “vecchiette”. «Così posso tenerli sott’occhio, curarli e tofignarli su e si abituano meglio alla mia presenza, crescono più addomesticati». Effettivamente, mentre provo a prendere appunti, uno degli asini comincia a cercare la mia mano per essere accarezzato e prova a mordicchiarmi i fogli. «Alla fine sono animali abbastanza facili da gestire», continua Arianna. «Fino più o meno a fine settembre stan fuori nei pascoli, poi fino a metà novembre, tempo permettendo, mangiano ancora l’erba e comincio a integrare nella dieta un po’ di fieno».

Arianna all’inizio li ha presi un po’ come animali da compagnia. Poi da due, in qualche anno è passata ad averne oggi diciassette.
«Dopo gli studi a Mezzana ho fatto quasi dieci anni in Val di Blenio come operaia agricola e poi quattro anni all’alpe, su al Pian Segno. Quando tornai con mio marito qui a Certara, dove sono nata e cresciuta, mi mancava avere qualche animale che non fosse il cane o il gatto. Micha insisteva e quindi all’inizio li abbiam presi per fare pulizia nei pascoli ed evitare di dover sfalciare. Con loro è molto più comodo». A differenza dei pascoli in Val di Blenio, mi spiega poi, a Certara il terreno è molto più scosceso e in alcuni casi fare fieno è più faticoso. «Prima ero hobbista e non avevo la superficie necessaria. Poi, un prato di qua, un prato di là, sono riuscita ad averne abbastanza per mettere su l’azienda, che ho più o meno da tre anni».

Incomincia con due asini e un maialino per produzione propria e ancora oggi, intuisco dal racconto, una parte di quanto allevato in azienda rimane in loco.
«Noi siamo una famiglia carnivora e abbiamo quindi optato principalmente per la produzione di carne. Abbiam cominciato con due asini e un maiale per noi ma adesso vendo anche qualcosa. Il mio comunque non è affatto quel che si dice un allevamento intensivo», ci tiene a precisare Arianna. «Quella è una cosa che proprio non mi piace e per cui provo un odio profondo. A me piace avere degli animali che sono abituati a me piuttosto che averne tanti». E mentre le femmine le usa per pulire i pascoli, per la produzione di carne utilizza i maschi. «Quest’anno ne ho presi tre che porterò a Sureggio dove ho un ronco in cui possono trascorrere l’estate. Di solito non faccio pubblicità per la carne di asino, anche perché credo ci sia ancora tanta gente che storce il naso. I miei clienti abituali lo sanno e va bene così. Ci faccio i salametti, le carni secche, i brasati, gli spezzatini e le entrecôte. E i filetti, che però teniamo per noi. Io adoro lo spezzatino; è una carne che deve cuocere veramente tanto, ma è ottima».

Oltre agli asini, che sono i più numerosi, nella sua azienda Arianna tiene diversi altri animali: galline ovaiole, maiali, anatre, oche e perfino dei pavoni.
«Da un paio di settimane mi sono arrivati i maiali di quest’anno», mi dice mostrandomi quattro maialini che si avvicinano subito alla rete a osservarci grufolando. «Mi piace prenderli da piccoli, così sono io a decidere cosa dar loro da mangiare, come frutta e verdura di stagione. Per esempio, in autunno tolgo il pane e do loro le castagne, che asciugano la carne dandole un gusto particolare». Poi Arianna mi comincia a parlare dei pennuti dell’azienda. «Le galline le ho da cinque anni. All’ultimo anno di asilo mio figlio Ian e la sua classe sotto Pasqua avevano fatto un progetto incubando delle uova e una volta nati i pulcini nessuno sapeva cosa farsene. Allora abbiam deciso di prenderli noi, così da avere anche una produzione di uova fresche in azienda». Poi, continua a raccontarmi, hanno anche quattordici anatre corritrici indiane e nove oche, che oltre a fornire un’ottima produzione di uova, vengono allevate per la carne. «Mio marito fa i prosciutti d’oca. A me non piacciono molto, ma quelli che li han provati li hanno molto apprezzati. Adesso stiamo provando a incubare un po’ di uova. Quattro sono già nati e ne abbiamo un’altra decina in incubatrice. Infine abbiamo anche preso i pavoni: un maschio e quattro femmine».

Insomma, quella di Arianna è una fattoria giovane piena di idee e di progetti.
«In passato ho lavorato quasi esclusivamente con le vacche da latte e mi sarebbe piaciuto prenderne, ma alla fine ho optato per gli asini e sono contenta con quel che ho. Vorrei però prendere delle capre. Dovevo già prenderle l’anno scorso, ma aspetto il momento giusto. Anche perché con mio figlio e anche la casa preferisco fare il passo secondo la gamba e avere il tempo necessario per organizzarmi. Mi ritengo fortunata perché ho la famiglia e gli amici che mi aiutano e mi sostengono. La famiglia per un agricoltore è molto importante, sia per i vari lavoretti che ci son da fare, sia anche solo per la compagnia. Anche il fieno, per esempio, lo facciamo noi. Quando ero piccola non mi piaceva molto; mio nonno qui aveva le vacche e tutte le estati mi toccava venir su a far fieno. Adesso invece far fieno mi piace. Qua a Certara si sta bene, è davvero un bel posto. Da una parte ogni tanto mi manca l’alpe, perché l’alpe è l’alpe, però… Sono nata e cresciuta qui e adesso son tornata. Qui, con la mia famiglia e i miei animali mi sento proprio a casa. Alla fine, sono finita anche io a fare la “contadinaccia”. Ho fatto la scelta giusta».

Andrea Arrigoni