Da qualche tempo, nei boschi sopra Bigorio, in Capriasca, è possibile andare a passeggiare in compagnia delle capre: un’occasione per riscoprire un territorio e delle usanze dimenticate, immergendosi nella natura.
Il “capra trekking”, battezzato A passo di capra, è stato ideato da Michele Rusca, che oltre a questa attività aperta a tutti gestisce una piccola azienda agricola tra Comano e Bigorio.
Tutto è cominciato l’anno scorso, a maggio, quando Michele e la sua compagna decidono insieme a una famiglia di Bigorio di acquistare quattro capretti, dedicandosi in prima persona al loro allevamento e abituandole fin da subito al contatto diretto con gli esseri umani. «Sono cresciute con noi ed è un po’ come se fossimo la loro mamma», mi dice Michele mentre ci fermiamo su un prato per lasciar pascolare Carlotta, Macchianera, Pifke e Giorgia, che sono ormai adulte. Tre di loro sono anche già gravide. A colpirmi, oltre alla tranquillità con cui ci stanno accanto, è la continua ricerca di attenzioni e di carezze. Sono quattro miste Saanen. La scelta della razza, mi viene spiegato, fa tanto, dal momento che le Saanen sono conosciute per essere particolarmente mansuete.
Dopo i primi mesi passati all’interno del recinto, in autunno Michele ha cominciato ad accompagnarle fuori, «perché se non hanno le madri devono imparare ad esempio ad entrar nel bosco per trovare le castagne. Bisogna ovviamente ritagliarsi il tempo necessario, ma io adoro camminare e qui abbiamo la fortuna di avere molti sentieri, zone abbandonate e di transizione da prato a bosco, che alle capre piacciono molto».
Poi, ecco l’idea con cui unire l’utile al dilettevole: proporre il capra-trekking alle persone interessate. La ragione principale è sempre quella di rispettare le esigenze delle capre e permettere loro di uscire dal recinto. «Per natura a loro piace andare a esplorare il terreno alla ricerca di cibo». Una libertà che coi tempi che corrono, non è scontata: «con la presenza del lupo, le capre non si possono più lasciare andare in giro da sole. Non dico che questa sia la soluzione», ribadisce Michele, «ma è comunque un metodo per permettere agli animali di essere ancora “liberi”».
Dopo una prima fase di preparazione per definire i percorsi, capire i gradi di difficoltà e farsi un’idea delle tempistiche, il progetto vero e proprio aperto a tutti è partito attorno al Natale scorso. C’è stato inoltre un lavoro di ricerca e raccolta di informazioni, dal momento che «le persone vogliono poi sapere determinati aneddoti, sulle capre, sul mondo contadino, ma anche sul territorio circostante».
Alla scoperta del lato selvaggio della Capriasca
A passo di capra non si limita infatti solamente all’attività con gli animali. «Le persone sono affascinate, oltre che dalle capre, anche dal territorio. Nei dintorni di Bigorio ci sono alcune rovine e monti abbandonati. L’idea è quella di andare a visitare queste zone dove non si passerebbe mai, magari anche fuori dai sentieri più battuti», mi spiega Michele. Il trekking offre quindi la possibilità di visitare aree discoste e dimenticate della Capriasca. «La scelta del percorso dipende ovviamente dal grado di difficoltà a cui uno è abituato. Poi le capre ti seguono dappertutto».
Al momento, con le capre gravide, Michele organizza però giri più brevi e tranquilli, anche più adatti ai bambini. Dal momento che per ora le capre sono solo quattro, l’attività è rivolta soprattutto alle famiglie o a piccoli gruppi, così che ogni persona possa idealmente vivere l’esperienza in compagnia di una capra tutta sua. «Non è un’attività impegnativa da organizzare», mi dice Michele. «Il vantaggio è anche che siamo vicini ai centri urbani. In Capriasca basta spostarsi di pochi chilometri per trovarsi in mezzo al nulla». A seconda del percorso, il trekking dura tra le 2 e le 3 ore e nella forma base si svolge in tarda mattinata col pranzo al sacco. Per gli interessati, però, Michele ha anche pensato di legare la propria attività ai lavori di un amico, Francesco Besomi, che sui monti sopra Bigorio lavora il legno e ha anche una piccola forgia per il metallo. «Il concetto sarebbe un po’ quello di tornare alle origini, ritagliandosi il tempo per quelle attività dei pastori di un tempo cadute in disuso». Insomma, una proposta che assicura una via di fuga dalla routine urbana e un salto indietro nel tempo, a contatto con gli animali e con la natura. Senza dimenticare che fare un po’ di moto fa bene sia alle persone che alle capre stesse. Per di più, per Michele il trekking è anche un momento di incontro importante: «in agricoltura ogni tanto si tende magari a isolarsi un po’ dal resto del mondo. Il progetto in questo senso è anche uno scambio con le persone, un’occasione per condividere idee ed esperienze».
Una lenta cura del territorio
C’è però di più. Camminare con le capre, visto che il trekking percorre in gran parte sentieri nel bosco, è anche un modo alternativo per recuperarli o conservarli. «Sono delle bonifiche lente, legate al concetto di éco-pâturage. Ogni giorno si passa dagli stessi percorsi, il pastore taglia un qualche rametto e le capre mangiano qualche ciuffo d’erba. Alla fine, viene fatto quello che fanno i forestali, ma molto più lentamente». Sui monti di Bigorio, anche al di fuori dell’attività con le capre, Michele sta pian piano riconquistando il bosco e trasformandolo in pascolo; ha recuperato una selva castanile e ora con un amico che fa le sculture in legno sta pensando di creare un progetto di land art da abbinare al trekking. Non si tratta quindi semplicemente di una scampagnata con le capre. Quello offerto da Michele Rusca è un progetto di incontro tra ruralità e urbanità, con una filosofia improntata a metodi di gestione territoriale rispettosi dei tempi della natura e, soprattutto, fondata sull’amore incondizionato per gli animali.
Gli interessati possono trovare tutte le informazioni alla pagina Instagram @a_passo_di_capra.
Andrea Arrigoni