L’allevamento ovino al sud delle Alpi, si sa, nella maggior parte dei casi è orientato alla produzione di carne. Ci sono però alcune eccezioni. A Personico, in Bassa Leventina, all’Azienda Agricola ValNedro, con le pecore ci si fa anche il formaggio.

Arrivo in azienda una mattina, quando le 86 pecore della famiglia Cremini hanno appena mangiato e si stanno appisolando. Mi accolgono con qualche belato pacato, di circostanza, e mentre cala il silenzio inizio a conversare con il padrone di casa, Andrea Cremini. A 24 anni ha alle spalle ben due diplomi: di selvicoltore e agricoltore. Concluso l’apprendistato a Chiggiogna dai Pedrini, dallo scorso primo di settembre lavora a tempo pieno nell’azienda famigliare e sta sbrigando le pratiche per la successione.

Raccontami un po’: qual è la storia della vostra azienda?

«Che io sappia, già il mio bisnonno aveva qualche mucca nella stalla in mezzo al paese. È stato mio nonno però a prendere le pecore. Lui puntava sulla Bianca Alpina e faceva delle gite fino in Francia con vari personaggi della Leventina per prendere gli arieti, che costavano parecchio. Allora, le allevavamo per la produzione di carne. Poi, tra il 2019 e il 2020, abbiamo sentito dell’opportunità di prendere questa stalla nella campagna appena fuori dal paese e avendo già il capannone e il fienile qui vicino abbiamo preso la palla al balzo. Nel frattempo, un po’ per voglia personale di mio papà, abbiamo deciso di cambiare tipo di produzione».

Adesso, infatti, allevate le pecore per il latte e la vostra particolarità è che lo lavorate direttamente in azienda.

«Per adesso, in Leventina sono l’unico. Abbiamo qui un piccolo caseificio e produciamo tutto noi. Facciamo buscion, robiole, formaggelle… Quelle stagionate che tengo in cantina per più di due mesi sono uscite uno spettacolo e sono molto richieste e apprezzate. Mia mamma fa anche lo yogurt e d’estate portiamo il latte in una pasticceria che ci fa i gelati. Adesso stiamo sperimentando per fare il pecorino da grattugiare. Non è che abbiamo inventato l’acqua calda, eh, sono esperienze e vedremo dove ci portano. Per adesso, siamo molto contenti».

La Bianca Alpina è ottimale per la carne. Le vostre pecore di che razza sono?

«Sono quasi tutte Lacaune, e poi c’è qualche Frisona. La ricerca è stata lunga; per mesi avevamo qui l’impianto di mungitura fermo e neanche una pecora. Poi, è arrivata l’occasione, abbiamo saputo di un contadino del canton Obvaldo che andava in pensione e abbiamo ritirato l’intero gregge di 81 animali. Il giorno che sono arrivate, le hanno scaricate alle sette di sera e alle dieci eravamo ancora qua a tribolare per mungerle. Adesso è un anno che le abbiamo e in pochi secondi son lì in fila e sanno già tutto quello che devono fare. L’unica pecca, almeno per il momento, è l’età. Ormai sono vecchie. Ad alcune sono rimasti davvero pochi denti. Però ringrazio di averle trovate e che mi diano ancora qualcosina. Si può sempre fare di più, ma visto l’annata che è stata, abbiamo comunque prodotto molto. È grazie a loro se è partito tutto. Adesso una trentina le mungo, mentre le altre sono in asciutta e dovrebbero partorire verso dicembre. In azienda infatti abbiamo anche due arieti Lacaune e facciamo tutto al naturale. Quelle gravide sono 52 contate e l’indice dei parti va da due a tre agnellini per pecora. Calcola te quanti me ne potrei trovare a dicembre! Di agnelli ne abbiamo già 26. Sono loro il futuro dell’azienda».

L’azienda prende il nome dall’alpe in Val Nedro, ma da quando avete cambiato tipo di produzione non caricate più. Come mai?

«C’è chi lo fa e va a lavorare sull’alpe col carro di mungitura. Noi vedremo se tornare a caricare, ma al momento non mi pare che i tempi siano i migliori. Sinceramente, l’idea di portarle su per farle mangiare al lupo non mi piace molto».

A voi però non è ancora successo nulla, giusto?

«Di qua il lupo è passato, già tempo fa. Lo han pure visto in paese. I miei pensieri sono per quest’inverno, perché non resterà in alto a mangiar neve. Il prossimo mese voglio recintare tutti i pascoli con la rete anti-lupo, ma non so se basterà. Secondo me, se vuole, passerà comunque».

I problemi però non frenano l’entusiasmo e la voglia di lavorare bene, offrendo prodotti singolari. Quanto è difficile inserirsi nel mercato ticinese?

«Ogni tanto hai ancora chi ti dice “ah, no, la pecora non la prendo perché la capra non mi piace”. Allora faccio assaggiare e capiscono la differenza. Vado tanto di vendita diretta e cerco di farmi pubblicità quanto posso. Quando passa la gente in azienda e mi compra il formaggino son sempre contento. I nostri prodotti sono apprezzati e questo fa sempre molto piacere».

Fate ancora macellazione?

«Sì. Pian piano voglio puntare solo sulla Lacaune, che ha un po’ una doppia attitudine. È più tonda, un po’ più simpatica. Con le pecore abbiamo sempre fatto i salamini, le luganighe e il solito pacchetto di agnello misto. A mio papà la macelleria piace e anche quella la facciamo noi. Magari alla Lacaune manca un po’ il gigot, ma di carne ne ha comunque e finora son stati tutti contenti».

In azienda siete in continua evoluzione, anche con i prodotti che offrite alla vostra clientela. Adesso, il cambio generazionale è alle porte.

«Io mi occupo dell’azienda e mia mamma mi aiuta in caseificio e nella vendita, ma adesso è ancora lei il gestore e responsabile, sulla carta. Dall’anno prossimo, figurerà il mio nome. Con la successione avrò l’occasione di migliorare la struttura e il progetto a cui tengo di più è quello di rifare il tetto coi pannelli solari per rendere la struttura autonoma. Poi, non lo nego: a me piacciono molto le mucche. Forse in futuro si potrebbe pensare di fare un formaggio misto pecora-mucca. Non so se lo hai mai sentito».

Effettivamente, non è un prodotto che si trova facilmente, dalle nostre parti. Magari, prima o poi, sarà Andrea a farcelo scoprire.

Andrea Arrigoni