Il confronto tra il primo inventario dei castagni monumentali della Svizzera italiana, realizzato tra il 2000 e il 2004, e quello effettuato tra il 2021 e il 2022, rivela come in meno di vent’anni siano morti «quasi un quinto dei castagni monumentali riesaminati».

Già nel 1822 l’ispettore forestale Karl Kasthofer segnalava la presenza di castagni colossali (“Kolossen von Kastanienbäumen”) in Leventina, e qualche decennio dopo la fama dei castagni del Monte Ceneri giungeva fino a Londra con la convinzione che quelli più grossi potessero essere coetanei di Guglielmo Tell (“Upon Mount Cenere there are Chestnuts which must have been saplings when Tell was a boy”).

In base al primo “Inventario dei castagni monumentali del Canton Ticino e del Moesano” realizzato tra il 2000 e il 2004, si contavano allora ben 319 esemplari con una circonferenza del tronco misurata a petto d’uomo (a un’altezza dal suolo di 130 cm) di almeno 7 metri. Questa concentrazione di castagni veterani è un dato molto significativo da ricondurre al ruolo fondamentale che ebbe la castanicoltura nella storia del nostro paesaggio culturale.

A cavallo tra il 2021 e il 2022, vale a dire circa 20 anni dopo il primo censimento, è stata effettuata una seconda campagna di rilievi sul terreno al fine di verificare le tendenze evolutive di questi giganti arborei. Al momento attuale questo secondo inventario ha interessato 101 esemplari monumentali delle Tre Valli Ambrosiane (Blenio, Leventina e Riviera). Ogni albero è stato nuovamente fotografato, descritto e misurato, soprattutto in termini di dimensioni del tronco e condizioni di salute, adottando le stesse procedure del primo inventario. Grazie anche al confronto fotografico, si è potuto parametrizzare nel dettaglio i cambiamenti intervenuti a livello del tronco, delle branche, della chioma e dell’ambiente circostante.

Il confronto tra i due inventari mette in luce un’evoluzione piuttosto preoccupante. In soli due decenni ben 19 esemplari sono morti, ossia quasi un quinto dei castagni monumentali riesaminati. I cedimenti strutturali sembrano essere la principale causa di morte. Difatti in 12 casi su 19 si è constatato lo schianto a terra dell’intero albero (Fig. 1). Sovente la notevole mole della parte aerea combinata con la mancanza di cure specifiche rende questi vecchi alberi molto fragili dal punto di vista strutturale e statico. In assenza di mirati interventi di potatura, la chioma tende a uno sviluppo eccessivo o sbilanciato rispetto alla scarsa portanza del tronco indebolito dall’estendersi delle parti cave o cariate. Non sorprende quindi che in concomitanza con eventi meteorologici avversi quali venti tempestosi o forti nevicate l’albero possa rovinare al suolo. A dispetto di certi segnali evidenti, la previsione di questi schianti non è semplice. Tra gli esemplari caduti troviamo infatti anche castagni che apparivano abbastanza saldi e vigorosi vent’anni or sono. Tra le caratteristiche più diffuse riscontrate in occasione del primo inventario fra gli alberi poi deceduti nel corso dell’ultimo ventennio spiccano la scarsa o nulla attività pollonifera a livello del colletto, lo sbilanciamento della chioma, nonché l’assoggettamento della chioma rispetto alla vegetazione arborea concorrente. In almeno 5 casi la morte dell’albero è verosimilmente da ricondurre direttamente all’intervento umano. In un caso sembra essere stata causata da un abbruciamento doloso. Un esemplare è invece deceduto dopo aver subito una severa capitozzatura, mentre un altro risulta del tutto scomparso a seguito di un dissodamento. In alcuni casi si vede ancora il ceppo del tronco tagliato di netto con la motosega. Questi tagli si spiegano almeno in parte con ragioni di sicurezza (protezione dell’edificio o della strada adiacenti). Infine troviamo due esemplari morti in piedi.

Considerando lo stato di salute globale dell’albero, il 67% dei castagni analizzati ha subito un declino, il 26% ha conservato lo stato iniziale mentre solo il 7% ha beneficiato di qualche miglioramento.

La maggior parte dei castagni monumentali sopravvissuti (54 su 82) mostra un aumento della circonferenza del tronco, perlopiù compreso tra 5 e 30 cm sull’arco di un ventennio, con un valore medio di circa 1 cm all’anno. Si tratta quindi di accrescimenti molto modesti in linea con quanto si osserva in genere negli alberi senescenti. Sorprendentemente vi sono però 28 individui (vale a dire oltre un terzo di quelli sopravvissuti) che hanno subito riduzioni anche importanti del volume del tronco dovute a crolli parziali, tipicamente a scosciamenti delle branche laterali inferiori che cedendo hanno divelto e squarciato le parti sottostanti del tronco (Fig. 2). A seguito di questi cedimenti 12 individui si ritrovano con una circonferenza inferiore ai 7 metri, ossia con una taglia del tronco inferiore al limite adottato quale attributo essenziale dei castagni monumentali. Tenendo presente anche questo aspetto la contrazione numerica del patrimonio di castagni monumentali ammonterebbe a oltre il 30% degli effettivi (12 + 19 = 31 su 101).

Inoltre è da ritenersi ampiamente insufficiente la compensazione di tali perdite cospicue grazie all’accrescimento dei castagni di categoria diametrica inferiore. Difatti uno studio precedente condotto sui castagni con una circonferenza del tronco compresa tra 6 e 7 metri ha evidenziato problemi del tutto simili quali condizioni di salute già notevolmente compromesse e frequenti cedimenti strutturali.

Negli anni a venire si spera di estendere il secondo inventario a tutte le valli del Canton Ticino e del Moesano in modo da studiare l’evoluzione nel tempo dell’intera popolazione di castagni monumentali. In questo modo si otterrebbe un insieme di dati diacronici di grande interesse con una base numerica abbastanza ampia per sostenere analisi statistiche più approfondite.

Patrik Krebs, Caterina Beffa, Marco Conedera, WSL Cadenazzo, Andreas Rudow, ETH Zurigo