Secondo le stime della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, attualmente 828 milioni di persone soffrono la fame sul nostro pianeta.

Guerre e conflitti armati, crisi economiche e pandemie, mettono a dura prova l’esistenza di milioni di persone. Eventi climatici estremi sempre più frequenti, come ad esempio lunghi periodi di siccità, piogge eccessive o uragani, influiscono inoltre sulla produzione alimentare perché distruggono i raccolti, facendo esplodere i prezzi dei generi alimentari. Ciò si ripercuote sui consumatori e sulle famiglie dedite all’agricoltura nei Paesi del Sud del mondo, che vivono di ciò che coltivano. Oltre a tradursi in crescente fame e povertà, rivela una grave ingiustizia: le persone che contribuiscono meno al riscaldamento globale sono quelle che ne soffrono di più. Ecco perché la Campagna ecumenica 2023 delle tre organizzazioni di cooperazione internazionale Azione Quaresimale, HEKS e Essere solidali, si occupa ancora una volta di giustizia climatica. E lo fa invitando le persone a riflettere sul percorso che il cibo compie dal campo per giungere fino al nostro piatto. Dove è stato prodotto e soprattutto come? I sistemi agricoli e alimentari sono responsabili per un terzo delle emissioni di gas serra che sappiamo contribuiscono al mutamento climatico. Come garantire quindi che tutti abbiano cibo sano, di qualità e a sufficienza, prodotto in modo sostenibile?

Risposte locali a problemi globali

La risposta arriva dall’agroecologia. Questo approccio promuove la diversificazione di piante e animali, preserva la biodiversità e offre strategie di mitigazione e adattamento al riscaldamento globale. Inoltre, consente alle contadine e ai contadini di costruire il proprio sistema agricolo scambiando semi di varietà locali, diversificando le colture attraverso la loro rotazione e utilizzando tecnologie di risparmio idrico, indispensabili nei luoghi in cui l’acqua scarseggia. L’agroecologia permette alle famiglie contadine di essere autonome dalle importazioni e dall’acquisto di sementi, pesticidi e fertilizzanti chimici e di mantenere il suolo fertile, prevenendo l’erosione. Il cibo prodotto è quindi più sano e diversificato. In questo modo, contribuisce alla resilienza del sistema alimentare. Infine, l’agroecologia non è solo un metodo di coltivazione, ma anche un movimento sociale e politico, radicato nel diritto alla sovranità alimentare e nel diritto al cibo. Infatti, il potere di decidere cosa piantare, come piantarlo e come consumarlo è fondamentale. Implica da un lato l’accesso alle risorse produttive come la terra, le sementi e l’acqua e, dall’altro, la protezione dei gruppi che si battono per la sovranità alimentare. Questa lotta per una politica agricola che favorisca le famiglie contadine riguarda soprattutto le donne che, ad esempio in Africa, producono l’80% del cibo su solo il 15% delle terre del continente.

Un approccio che funziona

Una parte importante dei progetti sostenuti dalle tre ONG nei Paesi del Sud si basa proprio sull’agroecologia. E, come testimonia Stellamaris Mulaeh, contadina e coordinatrice del Programma di Azione Quaresimale in Kenya, i risultati si vedono! Dal 2020 al 2022, i metodi agroecologici sono stati applicati a 540 gruppi e 47 gruppi di solidarietà in 10 contee, dagli Altipiani alle terre semiaride del sud e dell’ovest del Paese. «Durante la pandemia di Covid-19, i mercati sono stati chiusi ed è diventato difficile procurarsi il cibo, soprattutto perché il commercio tra le regioni non funzionava più a causa delle restrizioni imposte. Ma abbiamo potuto constatare che gli 8’000 agricoltori con cui lavoravamo erano in grado di continuare a condividere e produrre il loro cibo in modo agroecologico», racconta Stellamaris. E l’agroecologia si dimostra vincente anche quando le condizioni climatiche si fanno proibitive. «In Kenya stiamo affrontando una grave siccità: nelle ultime cinque stagioni delle piogge abbiamo ricevuto precipitazioni inferiori alla media nella maggior parte dei luoghi in cui lavoriamo. Eppure, grazie all’uso di metodi e pratiche agroecologiche come la diversificazione delle colture, l’agroforestazione, le policolture, ci siamo resi conto che le famiglie contadine sono diventate più resilienti che mai: se alcune colture non vanno bene, sono in grado di compensare con altre colture dello stesso sistema», aggiunge infine.

Federica Mauri, Azione Quaresimale