Nella prima settimana di ottobre dello scorso anno si sono tenuti a Mezzana i corsi di lavorazione del latte di capra organizzati dall’Ufficio della consulenza agricola del Cantone e dall’associazione Centro Capra. Sia il corso base tenuto da Patrizia Riva Scettrini, sia quello per avanzati tenuto da Jean-Luc Morier (responsabile della formazione lattiera presso l’istituto agrario di Grangeneuve) hanno registrato il tutto esaurito.

Sono ormai 9 anni che vengono organizzati i corsi di formazione della durata di due giorni e fin dall’inizio hanno goduto di un buon successo. Da un paio d’anni però si registra il tutto esaurito sia nel corso per principianti sia in quello avanzati. Se il primo mira a fornire le conoscenze necessarie ad avviare un’attività di trasformazione del latte caprino, il secondo è rivolto a trasformatori esperti che già lavorano il latte di capra nella propria azienda.

Non si finisce mai di imparare

Ho incontrato alcuni dei partecipanti al corso avanzati la scorsa settimana, durante la degustazione di un formaggio semiduro preparato durante il corso. Come mai professionisti formati continuano a iscriversi al corso di lavorazione del latte di capra? «Anche per chi trasforma il latte da diverso tempo, rimane la voglia di scoprire nuove preparazioni, ma anche quella di ritrovare slancio e chiarire alcuni dettagli del processo», mi ha detto Cristiana Vedova, organizzatrice dei corsi. «Al di là delle preparazioni specifiche, ogni anno vediamo che la nostra tecnica migliora», mi dice Flavia Anastasia, di Claro. «C’è sempre la possibilità di chiedere dei dettagli sulla maturazione ad esempio, che è sempre un tema complicato. Jean-Luc Morier ti sa dire come usare le muffe, l’umidità, la temperatura,… perché maturare un formaggio non è metterlo in cantina, ciao, grazie e arrivederci». Il tipo di formaggio che preparate è sempre diverso. Quest’anno è toccato al pelardon. Come ci siete arrivati? «In realtà, visto che decidiamo assieme e poi informiamo il docente, quest’anno volevamo provare a fare uno di quei formaggi che quando si tagliano, si aprono e colano», mi dice Michela Pedretti, di Lostallo. In realtà il pelardon non era un formaggio fondente all’interno, ma provare a prepararlo ha permesso a tutti di imparare molto. «Una delle cose più interessanti per me è stata il siero innesto», continua Flavia Anastasia. Il siero innesto è una popolazione naturale di batteri lattici che si ricava dal siero della produzione precedente e sfrutta lo stesso principio dell’utilizzo del lievito madre nei processi di panificazione. Oltre al pelardon, un formaggio a latte crudo DOP di capra originario della Linguadoca, negli anni ai corsi si è provato a ricreare anche il camembert di capra, il bleu, la raclette. «Col camembert è stato incredibile», mi dice Cristiana, «a Mezzana veniva perfetto, poi invece quando si provava a farlo in azienda usciva tutte le volte diverso».

Il latte di capra permette di sperimentare di più

Le varietà delle produzioni con latte caprino nel nostro cantone sono davvero molte, forse di più di quelle con latte vaccino. Perché il latte di capra dà più libertà di sperimentare? Senza dubbio c’entrano i quantitativi più ridotti di latte da gestire che comportano un rischio minore. Marina Martinali, che quest’anno ha seguito entrambi i corsi, lavora sia latte di capra sia latte di mucca. «Ho un piccolo gregge e le lavorazioni che faccio con il latte di capra le preparo per la mia famiglia, per consumo privato. Così è più facile sperimentare. Col latte di mucca è diverso, anche se in realtà ogni tanto sperimento anche lì». Gioca senz’altro un ruolo anche la pezzatura dei formaggi che, per tradizione, hanno dimensioni più piccole. «Si cerca di differenziare anche perché così il cliente ha più scelta», ha detto Lorenzo Schärer di Brione Verzasca, «anche se io, a dire il vero, negli anni ho ridotto molto. Sono partito con mille prodotti e adesso ne faccio quattro. Vale la pena fare quello che si vende bene e che non ti richiede troppo lavoro». Questa visione è stata confermata anche da altri dei casari presenti. Giorgio Falconi, di Molare, che ha iniziato a lavorare il latte di capra da qualche anno riprendendo quanto fatto in passato da suo papà, ha raccontato che sono stati i clienti a chiedergli il formaggio di capra. «Spesso passavano a chiederci se avevamo formaggio di capra e quando dicevamo che avevamo solo formaggio di mucca non acquistavano niente. Così abbiamo provato e sta andando bene». Forse un mercato che richiede sempre più formaggio di capra spinge a sperimentare e anche a cercare nuove produzioni. Forse è anche lo spirito dei caprai che li porta a cercare nuove vie, non ancora battute. In questi ultimi anni è senz’altro aumentata la richiesta della raclette di capra, che è stata definita da Cristiana Vedova «una vera e propria conquista» e, oltre a quella, tra le produzioni che vanno per la maggiore ci sono anche i büscion, le formaggelle. Non mancano però le chicche o le specialità che si possono scoprire e conoscere frequentando i frigoriferi di vendita diretta delle aziende. Trattandosi di produzioni limitate bisogna infatti essere clienti assidui per aver la certezza di provarli.

Da principianti ad esperti

Tra i partecipanti al corso avanzati, diversi casari e casare sono passati dal corso principianti. La curiosità, l’interesse e la voglia di mettersi in gioco di chi continua a lavorare il latte di capra nella Svizzera italiana hanno un valore inestimabile. Si tratta di persone di tutte le età, che continuano ad apprendere un sapere artigianale, basato sulla pratica costante della lavorazione del latte e che si perfeziona solo dopo una serie infinita di tentativi. Si tratta di persone che si conoscono e si confrontano in un percorso che oltre alla produzione di formaggi comprende la conoscenza e la gestione degli animali, quella delle infrastrutture e la resa economica. Gli stimoli per dare al latte di capra la dignità che merita partono da loro, dalle loro domande e dai loro esperimenti o da quello che suggeriscono. Alla fine dell’incontro è stato chiesto: «ma l’anno prossimo, non si potrebbe organizzare un corso per assaggiatori di formaggi caprini?».

Cristian Bubola