Quando si sente parlare di cani da protezione delle greggi (CPG) spesso accade in relazione ai conflitti che si registrano con gli escursionisti. Gli agricoltori che hanno deciso di introdurre i cani da protezione lo hanno fatto in seguito al ritorno del lupo nelle valli del cantone. Si tratta di abituarsi e comprendere la necessità dei cani, capire come comportarsi e acquisire nuove competenze.
A questo scopo, Silvio Guggiari, della Sezione dell’agricoltura in collaborazione con Stefano Antonioli del Servizio prevenzione infortuni in agricoltura (SPIA), Alberto Stern, allevatore, veterinario, e allevatore di cani da protezione e consulente, ha organizzato lunedì 7 giugno un pomeriggio informativo sui Monti di Gerra presso l’azienda di Ester Monaco. Un’occasione preziosa in cui si sono chiarite le proporzioni della presenza del lupo in Svizzera e in Ticino, la necessità per i contadini di utilizzare i cani da protezione, in quale modo vengono istruiti e come si valuta l’idoneità di un’azienda agricola e di un agricoltore per la loro assegnazione. Dopo un confronto con i presenti, si è passati a una dimostrazione condotta da Alberto Stern, che ha chiarito con esempi pratici come comportarsi quando ci si avvicina ad un gregge sorvegliato.

Presenza dei lupi in Svizzera e nella nostra regione
Quasi subito, all’inizio dell’incontro, uno dei presenti ha sollevato la questione del “rimedio peggiore del male”. La domanda è stata infatti se non facessero più danni i cani da protezione dei lupi stessi. Infatti, se la presenza di maremmani abruzzesi e montagna dei Pirenei (CPG) è sovrapercepita dai frequentatori della montagna e poco tollerata, quella del lupo e la relativa minaccia che rappresenta per gli allevatori viene spesso messa in dubbio. Silvio Guggiari, nel suo discorso introduttivo, ci ha tenuto innanzitutto a chiarire che non è così: «basta dire che il Ticino è stato definito dalla Confederazione zona prioritaria nell’aiuto all’esecuzione concernente la protezione del bestiame», il testo di riferimento per la protezione degli animali da reddito dai grandi predatori nelle zone di pascolo. Il lupo è tornato in Svizzera nel 1995 e la presenza del primo lupo in Ticino risale al 2001, a Monte Carasso. Ma se fino al 2010 il numero di esemplari di lupo in Svizzera era sempre tra gli zero e i dieci, a partire dal 2010 hanno iniziato a crescere in maniera considerevole. Si è passati dalla decina di lupi del 2010 ai quasi 80 censiti nel 2019 (vedi grafico pagina 13). Il numero di predazioni è aumentato di conseguenza e la pressione sui proprietari di bestiame si è fatta di anno in anno sempre più forte. Al momento nei Grigioni è attestata la presenza di cinque branchi e circa 50 effettivi. Nel Vallese i branchi stimati sono 4 per una presenza di 30 effettivi e nella provincia del Verbano Cusio Ossola, confinante a ovest con il Ticino, è stimata la presenza di altri quattro branchi. Sono tutte zone di confine e «la probabilità che altri lupi arrivino in Ticino, oltre a quelli già presenti, è abbastanza elevata» ha precisato Silvio Guggiari. Lo scorso anno sono stati molti gli avvistamenti in Ticino e oltre ai recinti elettrificati, «dotarsi di cani da protezione delle greggi è la possibilità che rimane agli allevatori per proteggere i propri animali».

Il ruolo preliminare dello SPIA
Stefano Antonioli, oltre ad essere agricoltore e proprietario di cani da protezione, si occupa per lo Spia di stilare un rapporto preliminare per identificare i possibili punti di conflitto tra i cani da protezione che lavorano con le greggi e gli altri fruitori della montagna. Individuare i punti precisi in cui fissare i cartelli che segnalano la presenza dei cani da protezione e capire come trovare soluzioni che soddisfino le varie esigenze non è facile. «Si tratta soprattutto di trovare soluzioni per gli agricoltori che hanno animali che devono mangiare al pascolo e un territorio molto vasto da gestire, cercando di ridurre il più possibile il rischio di un conflitto con gli escursionisti». Avere cani da protezione è molto impegnativo, implica una grossa responsabilità da parte dell’agricoltore, ore di lavoro in più e spesso si deve valutare tanto la situazione in azienda nella stagione invernale, quanto quella sugli alpeggi.
«La pressione esercitata dal lupo non viene patita soltanto dagli allevatori, che hanno timori costanti, ma porta a vivere in un maggiore stato di allerta anche gli animali stessi. È noto il caso delle mucche nutrici che diventano più protettive nei confronti dei loro vitelli e caricano con più facilità. L’anno scorso per questo motivo, nei Grigioni, si è arrivati addirittura alla chiusura di alcuni sentieri».

Curiosità e quesiti dei presenti
Tra i presenti, oltre a rappresentanti del Cantone, forestali di sezione e personale di TicinoSentieri c’erano anche diversi frequentatori abituali dei Monti di Gerra. In molti, in base alla propria esperienza diretta, hanno iniziato a fare domande per avere consigli pratici su come comportarsi se si arriva con un cane al guinzaglio vicini a un gregge protetto, a che distanza mantenersi dal gregge, e in che modo vengono istruiti questi cani. Alberto Stern ha chiarito diversi punti anche sulla formazione e le sue diverse fasi. «L’obiettivo consiste nel fornire all’agricoltore cani allevati e formati che siano in grado di contrapporsi al lupo. In fase di istruzione, ad esempio, i cani che manifestano problemi con le persone non vengono impiegati nella protezione delle greggi ma vengono destinati ad altri scopi». Ha anche spiegato come ci sia tutta una serie di valutazioni che vengono fatte su chi riceve il cane e ha sottolineato come di fondamentale importanza sia soprattutto il confronto costante tra il consulente e l’allevatore, per capire come si sta evolvendo la situazione del cane introdotto: «con la Ester, ad esempio, ci sentiamo regolarmente, più volte alla settimana, per capire come vanno le cose, come si comportano i cani e quali accorgimenti adottare. I cani, vale la pena ricordarlo, non sono macchine e hanno bisogno di adattarsi alla nuova azienda. A volte può bastare un anno; a volte, invece, serve più tempo». È importante capire che si ha a che fare con degli esseri viventi. «Sono animali intelligenti, in grado di riconoscervi. Se passate di frequente in una zona sorvegliata da cani da protezione, vale senz’altro la pena instaurare un rapporto con il contadino e farsi così pian piano conoscere anche dai suoi cani. È chiaro; senz’altro è necessario procedere per gradi. I cani da protezione sono lì per svolgere il loro lavoro in modo indipendente. Per loro chi si avvicina al gregge può essere percepito come una minaccia.
Bisogna quindi trattarli con il giusto rispetto, ma questo non esclude che sia possibile entrarci in relazione». Nell’ottica di comprensione reciproca è intervenuto anche un apicoltore dei Monti di Gerra, che si è chiesto se non sia più che altro una questione di mentalità, di atteggiamento e di adattamento anche da parte dei frequentatori della montagna. «In fondo non sono molti anni che i CPG hanno fatto la loro comparsa in Ticino e in Svizzera e forse si tratta di sviluppare, anche per gli escursionisti, una certa competenza e capire come regolarsi». Anche per quanto riguarda la pianificazione dei sentieri si tratterà col tempo di trovare soluzioni magari preventive, che non costringano poi a spostamenti dei percorsi in seguito all’introduzione dei cani da protezione.

L’impegno della famiglia Monaco e le dimostrazioni pratiche con Alberto Stern
Ester Monaco, oltre ad aver messo a disposizione la sua azienda per il pomeriggio informativo, ha raccontato la propria esperienza e il proprio impegno con i cani da protezione. Un percorso non privo di difficoltà iniziato quasi vent’anni fa. Nel 2003, all’alpe Cedullo, ha perso 12 capi per una predazione da lupo e ha così deciso, nel 2004, di provare a introdurre i cani da protezione. Ai tempi il paradigma di inserimento dei cani era del tutto diverso. Per lei però, come per altri allevatori del cantone, la soluzione dei cani era l’unica percorribile perché i costi per le recinzioni o per l’assunzione di un pastore non sono quasi mai sostenibili. «Non è stato facile. Abbiamo avuto problemi sia qui in azienda sia all’alpe. In vent’anni di lavoro abbiamo investito quasi un milione di franchi nella nostra attività e il lupo ci ha messo con le spalle al muro. Dal 2018 con l’introduzione degli ultimi cani le cose sono migliorate. Sono senz’altro seguita bene da Alberto e da sua moglie. Ma ogni volta che sentiamo i cani abbaiare ho il cuore in gola. Sarà il lupo? Sarà successo qualcosa con un escursionista?» Anche il suo invito, prima di passare alle dimostrazioni pratiche è stato quello di contattarla direttamente in caso di problemi o anche per semplici domande.
Il pomeriggio si è concluso con l’avvicinamento da parte di tutti ai recinti in cui c’erano le capre e i cani da protezione. È bastato poco perché si sentisse l’abbaiare del primo cane, profondo e ripetuto. «Ecco, questo è il primo segnale che ci dà il cane. Se ci fermiamo prima di riprendere a camminare gli diamo il tempo per capire la situazione, per valutarci». Vedere e ascoltare Alberto Stern mentre faceva vedere come non porsi mai in una posizione frontale, di sfida nei confronti dei cani, tanto col corpo che con lo sguardo è stato davvero istruttivo e avere la possibilità di entrare in contatto con i cani in una situazione rilassata è stata senz’altro apprezzata dai partecipanti.

Alpe Rompiago
Ad aver occupato le pagine della cronaca della stampa generalista nell’ultimo mese sono stati soprattutto i cani da protezione di Maurizio Minoletti, che gestisce l’alpe Rompiago sotto la capanna del Monte Bar. Da noi contattato per sapere che cosa è successo di recente ci ha detto che «in realtà nelle ultime settimane non è successo proprio niente. Ho letto delle dichiarazioni fatte dai gestori della capanna, ma i miei cani non sono mai usciti con il gregge. Del resto i gestori della capanna non hanno fornito né un orario né una data quando hanno riportato l’episodio in cui i cani avevano bloccato dei loro clienti o un loro dipendente per oltre venti minuti». Ricordiamo in ogni caso che in base a un accordo preso con i precedenti gestori della capanna e con i patriziati, Maurizio Minoletti libera i cani da protezione con il gregge dalle 5 di sera alle 10 di mattina. «Di recente abbiamo richiesto se era possibile mettere cartelli più grandi per segnalarne la presenza, ma la questione è regolamentata e non è così facile. Poi, devo anche dire che a me sembra che spesso tutta la faccenda cani venga un po’ sovradimensionata. Io lavoro qui da quattro anni con i cani da protezione, ogni fine settimana ci sono migliaia di persone e ci sono stati solo quattro casi di segnatura e hanno coinvolto sempre ciclisti che sono entrati con la bici nel gregge». La presenza del lupo nella zona è attestata e i capi, predati o dispersi, negli ultimi quattro anni sono stati una trentina.