Dopo l’estate appena trascorsa, sono diverse le domande che ci si pone per il futuro agricolo. Quanta acqua avremo a disposizione nei prossimi anni? È ancora possibile trovare delle soluzioni temporanee o bisogna ripensare i sistemi agricoli? Il problema è da circoscrivere al solo Mendrisiotto o potrà estendersi anche ad altre regioni del cantone? Che cosa si sta già muovendo in Ticino?

Quest’anno nel cantone ad aver sofferto per la carenza d’acqua è stato soprattutto il Mendrisiotto, dove gli inviti a non sprecare acqua sono stati costanti e rivolti a tutta la popolazione. In un’escursione fatta in luglio a Breggia i cartelli lungo le strade che invitavano a usare l’acqua con parsimonia erano dappertutto. Ancora oggi, l’ultimo giorno d’agosto, Fabio Gabaglio mi ha detto: «Qui in giro piove, li vediamo i temporali, ma se si escludono i pochi litri di un paio di settimane fa, in zona Stabio, di pioggia proprio non ne cade». Questa situazione è un’eccezione di quelle che capitano ogni quarant’anni o si ripresenterà? E sempre lì o anche in altre zone del Ticino?

La siccità agricola

Come riportato a più riprese dalla stampa, le colture agricole che hanno patito di più il caldo nel Mendrisiotto, anche se in maniera non omogenea, sono state vite e mais. Non vogliamo di certo trascurare altre colture e la questione foraggio, ma l’intenzione di questo pezzo è capire soprattutto quali misure si possono prendere a breve e medio termine sulla coltura del mais e quali sono le possibili alternative.

Sul sito di Meteo Svizzera, e in particolare dall’articolo “Se il Mendrisiotto piange, la Francia non ride” viene chiarito in particolare il concetto di siccità agricola:

«è caratterizzata da un deficit idrico nei terreni superficiali (tra 1 e 2 metri di profondità) sufficiente a compromettere il corretto sviluppo della vegetazione. Dipende dalle precipitazioni e dall’evapotraspirazione del suolo e della traspirazione delle piante. (…) La siccità agricola è quindi sensibile alle precipitazioni, all’umidità e alla temperatura dell’aria, al vento, ma anche alla natura delle piante e dei terreni».

Questo concetto, legato al tipo di terreno e di pianta, torna a più riprese nelle risposte fornite dagli agricoltori alle domande sulla siccità. Nel Mendrisiotto, come chiarisce il sito di Meteo Svizzera, ad aver reso davvero straordinaria la stagione è stato «il mix di siccità e caldo». Fino all’11 di agosto si erano infatti contati «51 giorni sopra i 30 gradi di temperatura massima, di cui 38 consecutivi». Si parla in questo caso di giornate tropicali e, a titolo di paragone, «la media che si ottiene sui 40 anni di misurazioni effettuate è di soli 16 giorni». Il deficit idrico del suolo è stato fuori scala per quasi tutto l’anno, come confermato dal dato che nei primi 8 mesi dell’anno cadono di norma 950 mm d’acqua e quest’anno, all’11 di agosto, ne erano stati misurati solo 276 mm.

Mais e sorgo

Il mais in realtà è una coltura valida in termini di efficienza idrica. In parole povere ha bisogno di meno acqua rispetto a molte altre colture, meno del frumento o dell’erba medica ad esempio. Viene pianificata in primavera/estate perché è originaria del Messico e dal Centramerica e non sopporta il freddo. Per l’intero ciclo vitale ha bisogno di circa 720 mm di acqua che non si ricavano solo dall’acqua piovana, ma anche dalla riserva nel suolo ed eventualmente dall’irrigazione. Oltre al quantitativo va però anche considerato il momento in cui ha bisogno d’acqua, che serve soprattutto in fase di pre-fioritura e in quella di riempimento della granella. In anni normali, in Ticino, è una coltura che cresce senza bisogno di essere irrigata, a patto di seminarla precocemente e di scegliere varietà non troppo tardive.

La resa del sorgo è minore di quella del mais e il suo valore foraggero è un po’ diverso, ma soffre meno la carenza idrica e anche le alte temperature. Già tre anni fa alla giornata di formazione della Consulenza agricola, Giovanni D’Adda aveva presentato il sorgo come coltura alternativa al mais.

Mais.

In quanti stanno iniziando a riconcepire la relazione tra le due colture? Va detto che, anche se la coltura del sorgo è ben lontana dall’affermarsi, sono già in molti in Ticino a piantare il sorgo e, alla luce delle estati torride che abbiamo vissuto, il loro numero è destinato a crescere.

Il mais resta la principale coltura sarchiata del cantone

Il primo cerealicoltore che ho contattato è stato Giuseppe Belossi, di Contone, che coltiva mais da granella e per la farina da polenta, ma che in passato ha anche piantato sorgo. «Tutto sommato, sul piano di Magadino non è andata così male quest’anno col mais», mi dice. Ma la mia curiosità è più per il sorgo. «Io, in realtà, quando ho provato a piantare il sorgo, è stato più che altro perché per le rotazioni non possiamo fare mais su mais. Ho provato, un anno, a coltivarlo per la granella, anche se in Svizzera il mercato del sorgo non esiste. Quell’anno sono riuscito a farmelo ritirare ma, come detto, penso che più che altro lo si semini dopo il frumento, come seconda coltura o per rispettare le rotazioni. Che io sappia, tutti quelli che lo mettono ci fanno il trinciato da foraggio». Per Belossi sarà difficile assistere, anche in futuro, a una sostituzione del mais.

Giovanni Zanini, cerealicoltore del Mendrisiotto, mi ha confermato di aver vissuto una stagione del mais catastrofica. «Quest’anno ho fatto praticamente lo zero %. Su due ettari di mais ho incassato 800 franchi e ho in più pagato un sacco i concimi, l’urea soprattutto». Gli chiedo se è ricorso ai prelievi dai pozzi. «Sì, certo. E bisogna dire che si sono attivati anche abbastanza in fretta per cercare di trovare una soluzione. Solo che per la campicoltura di acqua ce ne vuole davvero tanta e dev’essere vicina. Fare avanti e indietro con l’autobotte, con i prezzi del diesel che ci son quest’anno, è stata un po’ una soluzione d’emergenza e nel mio caso non è servito a molto». Ha pensato ad altre colture, il sorgo ad esempio, per il futuro? «In realtà ci ho provato anche quest’anno a mettere il sorgo, dopo il frumento. Però anche lì, ricavo zero. È vero che resiste meglio alla siccità, però per partire ha comunque bisogno di acqua: e non è partito. È lì da vedere». Anche per Zanini, nonostante le condizioni meteo sempre più calde e siccitose, la coltura del sorgo stenta a decollare, soprattutto per il mercato. «Il fatto è che la coltura che si pianta viene determinata più dal mercato e dal prezzo che riesci a strappare che non dalle condizioni climatiche. Quand’ero ragazzo io, il frumento veniva pagato 140-150 franchi al quintale, adesso te ne danno 48-50 e molti costi di produzione, come la nafta e i concimi, sono aumentati». E il fatto che il sorgo sia praticamente privo di glutine? Non è un fattore positivo per sviluppare un mercato? «Questa cosa del glutine sembrava essere molto attrattiva e ho anche fatto un tentativo, in passato, per convincere un panettiere della zona a fare dei prodotti a base di sorgo. Però non sono riuscito a trovare chi me lo macinasse».

Dopo averlo contattato in luglio, ho risentito Fabio Gabaglio per sapere che cosa ne era stato del suo mais. «L’ho trinciato la settimana scorsa e ho stimato una perdita di circa il 30%». Gabaglio coltiva mais per fare foraggio insilato per i suoi animali. Mi aveva già parlato delle grosse differenze che c’erano tra parcella e parcella. «Nelle zone dove faceva più fatica però, quest’anno, non si è nemmeno formata la pannocchia». Anche per il foraggiamento animale in insilato infatti, mi ha spiegato Fabio, la pannocchia è fondamentale perché contiene importanti sostanze nutritive. Chiedo anche a lui se pensa di modificare il suo ciclo colturale. «In parte bisognerà senz’altro farlo. Già quest’anno, in una parcella a Stabio che patisce molto la siccità, ho piantato metà mais e metà sorgo da granella che però non è cresciuto benissimo. Adesso è alto 50 centimetri e dovrebbe essere già sul metro e mezzo. Per l’anno prossimo credo che farò metà delle superfici a sorgo e metà a mais. Bisogna provare, sperimentare, anche perché così si impara qualcosa sulla nuova coltura. Ormai le tecniche colturali per il mais le conosciamo, per il sorgo invece bisogna ancora capire bene come fare». Anche lui mi conferma che il mercato per la granella al momento è inesistente e mi dice anche: «In ogni caso, quest’estate, mi sa che non sarebbe venuto su niente. Anche quelli che han provato con il sorgo da sfalcio non è che abbiano raccolto tanto nel Mendrisiotto».

Sorgo.

Quale cambiamento è possibile?

Sempre nel corso delle telefonate fatte in luglio per conoscere la situazione nel Mendrisiotto e capire meglio il concetto di siccità agricola, avevo parlato con Nicola Widmer, responsabile della produzione vegetale all’Azienda agraria cantonale di Mezzana, che mi aveva detto che dopo un’estate così andava senz’altro ripensato il ciclo colturale.

La domanda però ora è: soltanto nel Mendrisiotto o in tutto il cantone? Ho deciso di chiederlo a Giovanni D’Adda della consulenza agricola.

«Il ciclo colturale va adattato sperimentando ogni anno, non ripensato. Si possono anticipare le semine delle colture primaverili e ritardare quelle autunnali. Non bisogna seminare le miscele foraggere tra metà giugno e metà agosto. Come seconda coltura foraggera dopo cereali il sorgo da sfalcio e la setaria italica monosfalcio sono buone possibilità. Le miscele foraggere devono spostarsi sempre più su specie resistenti alla siccità e ci si deve organizzare per valorizzare il foraggio prativo da aprile a giugno e a partire da settembre, quando è più difficile conservarlo, ma quando la crescita è più sicura in caso di siccità».

Quali saranno le modifiche da adottare nei prossimi anni, soprattutto per la coltura del mais? «Semina precoce, varietà precoci, minima lavorazione o semina diretta, evitare la seconda coltura, prevedere l’irrigazione di soccorso più sostanza organica nel suolo. E inserire il sorgo da silo in alternativa al mais da silo».

E infine, lei come vede lo sviluppo della coltura del sorgo in Ticino, nei prossimi 20 anni?

«La vedo in crescita. Attenzione però: il sorgo ha bisogno di acqua finché i semi sono germinati correttamente e soffre il freddo. Quindi semine in tarda estate, se in autunno arriva un’ondata di freddo precoce compromettono la coltura. Da questo punto di vista, il mais dà più garanzie».

Cristian Bubola