È così che Federica e Remo Chiesa definiscono il momento in cui hanno iniziato a interessarsi all’arte dell’apicoltura; hanno cominciato in piena pandemia con due arnie e ora, dopo un solo anno di attività, ne hanno sei. Un hobby che dà tanto lavoro, ma anche molta soddisfazione.

Nella vita di tutti i giorni, lei è infermiera. Lui informatico. Nati e cresciuti nel Locarnese, abitano ora in Valle Maggia, dove hanno di recente aperto anche un piccolo B&B, la “Casa Blouberg”. Da due anni a questa parte, tra le molte passioni che coltivano insieme e non, ve n’è una che ha preso il sopravvento: l’apicoltura. Grazie anche all’amicizia che ci unisce, ho avuto l’occasione a inizio agosto di accompagnarli sul campo e di aiutarli in una delle giornate più impegnative dell’anno, quella della smielatura. Ne ho approfittato, tra una disopercolatura e l’altra, per farmi raccontare della loro esperienza e per riflettere insieme sul mondo delle api.

Una passione sbocciata per caso

Comincio la conversazione chiedendo loro come mai hanno cominciato. Li conosco da qualche anno e se c’è una cosa di cui sono certo è che sono persone sempre pronte a provare qualcosa di nuovo, ma questa volta si sono superati. «Remo ha un amico che fa apicoltura già da qualche anno ed era interessato ad andare ad aiutarlo», mi dice Federica. «Quando è venuto il momento, gli ho chiesto se potevo accompagnarlo. Mi è subito piaciuto tantissimo». Nella coppia, è lei quella che ha iniziato. Come aggiunge Remo, «per lei è stato amore a prima vista».

Il loro rimane comunque un hobby. «Abbiamo cominciato principalmente per passione e per svago. Ora anche Remo mi ha seguita, ma all’inizio ho cominciato io perché avevo più tempo per imparare e dedicarmi al lavoro. Spesso, chi fa apicoltura lo fa per tradizione familiare, tramandandosi le conoscenze di padre in figlio. Io invece sono partita da zero». All’epoca, era l’estate del 2019; purtroppo la stagione stava già finendo e Federica è riuscita a vedere solo il periodo successivo alla smielatura e la preparazione in vista dell’inverno. Ma ormai la scintilla era scattata. «A me piace molto leggere, quindi mi sono documentata per conto mio durante l’inverno e nel frattempo mi sono organizzata per trovare il materiale necessario e qualcuno che potesse vendermi le famiglie, così da riuscire a partire per conto mio l’anno successivo».

L’esperienza in Sicilia

La prima, vera e propria esperienza sul campo, Federica non l’ha però fatta in Svizzera. «Tra gennaio e febbraio del 2020, mi trovavo nella situazione di dover fare pratica; la stagione era alle porte, ma non avevo ancora le mie famiglie ed ero desiderosa di imparare. Avevo qualche giorno a disposizione e ho provato a scrivere a un paio di associazioni di apicoltura del sud Italia, proponendomi per dare una mano, spiegando appunto che volevo iniziare a fare apicoltura e vedere un’altra realtà. In poco tempo ho ricevuto un sacco di risposte positive. Alla fine, ho contattato Ester, un’apicoltrice di Avola, in provincia di Siracusa. Lei a quell’epoca aveva un centinaio di arnie, quindi c’era tanto lavoro da fare e ho avuto davvero la possibilità di mettere le mani un po’ ovunque. Quella giù, però, è un’apicoltura diversa: cambia il clima, cambiano le stagioni, cambiano le fonti nettarifere e, ovviamente, cambiano anche le abitudini delle api, che sono sempre in attività». Al suo rientro in Ticino, Federica avrebbe anche dovuto iniziare il corso per principianti al Centro professionale del verde di Mezzana, ma era stato rimandato a causa della pandemia e ha potuto seguirlo solo quest’anno.

Un lavoro duro

Nel frattempo è passato più di un anno e dalle due famiglie iniziali ora ne hanno sei. Un sacco di lavoro, per chi lo fa nel proprio tempo libero. «Durante la stagione primaverile ed estiva visiti in media le arnie una volta a settimana. Ci sono però molti altri lavori che non hanno a che fare con gli apiari, come la preparazione del materiale. D’inverno, per esempio, si può approfittare del letargo per preparare i telaini. Certo, bisogna avere molta disponibilità». Il tempo che va dedicato dipende anche un po’ dalla propria esperienza. «Io come principiante è chiaro che non ho la stessa sicurezza di un esperto; devo ancora capire bene come funzionano determinate cose, non solo sulla carta, ma anche nella pratica, quando magari a un apicoltore più anziano basterebbe uno sguardo per sapere cosa fare. Già dopo un anno mi rendo conto che per certe cose sono più tranquilla di prima». Non bisognerebbe comunque disturbare eccessivamente le api, mi spiegano Federica e Remo. Si tratta di uno degli errori tipici dei principianti. Come in tante altre cose, bisogna saper trovare il giusto equilibrio, che vien da sé con l’esperienza e la pratica.

Tutto sommato, cominciare a praticare apicoltura, anche a livello hobbistico, non sembra facile. «È tutto molto complesso. Dietro al lavoro che si fa con le api vi è molto studio. Per imparare ho trovato supporto nell’associazione svizzera apisuisse, che mette a disposizione sul proprio sito un sacco di materiale didattico. Poi abbiamo anche Agroscope, che si occupa della ricerca. Ritengo siano fonti preziose, soprattutto in un mondo che continua a cambiare come il nostro. C’è poi tutto l’aspetto del materiale che bisogna sapere usare e degli spazi idonei in cui lavorare e conservare quella che resta comunque una derrata alimentare». Infine, il punto cruciale è quello di trovare un posto ideale per mettere le arnie, tenendo in considerazione la flora, l’attività antropica, l’agricoltura che usa prodotti fitosanitari, ecc.

Tra campagna e città

Per le api, dico loro ingenuamente, più nel verde si è, meglio è. Ma allora la coppia mi parla dell’apicoltura urbana, movimento che ha preso piede di recente per esempio a New York e a Milano, ma anche a Berna. «Quello che è interessante», mi dice Federica, «è che a un certo punto sembrava quasi che le api urbane stessero meglio di quelle fuori in campagna, perché magari non entravano in contatto diretto con determinati prodotti chimici e volando rimanevano più in alto dello smog. Alla fine, si tratta sempre di equilibrio. Le api possono stare bene ovunque; basta che l’ambiente sia in generale un po’ sano». In Svizzera, si sa, abbiamo una situazione privilegiata; i problemi ci sono, ma si cercano anche le soluzioni, le leggi vengono generalmente rispettate e si è più attenti all’ambiente. «Il nostro Paese rimane un’isola felice. Ci sono altri posti dove, invece, vengono usati molti pesticidi e non ci sono controlli».

Da un certo punto di vista, un’attività come quella dell’apicoltura, che ti mette a diretto contatto con gli animali e la natura, finisce per renderti più consapevole. «Volente o nolente, dopo un po’ cominci a guardare tante cose in un altro modo, ad avere un altro approccio più rispettoso e più umile con la natura e l’ambiente, che va oltre alle api. Ti rendi davvero conto di quanto tutto sia interdipendente».

L’importanza delle api

Mentre continuiamo a chiacchierare, il discorso verte sull’importanza fondamentale delle api. Parliamo della Cina, dove spesso per la mancanza di insetti i fiori vengono impollinati a mano. Poi Remo mi racconta del fenomeno di nomadismo e degli apicoltori che in primavera portano le proprie arnie di coltura in coltura per impollinare i fiori. Questo accade per esempio in California, ma anche in Alto Adige. È ovvio che il loro hobby, seppur piccolo, in questo contesto è fondamentale. Perché, come riflettiamo, le api portano vita. «Se ci fossero più api», mi dice Federica, «ci sarebbe più frutta e verdura, dal momento che si va ad aumentare la possibilità di impollinazione». Remo mi fa un esempio ancora più concreto. «Io vedo anche solo la differenza della nostra lavanda. Da quando abbiamo le arnie, è molto più robusta e ha molti più fiori. I lamponi, stessa storia. E anche il nostro vicino ha detto che quest’anno ha avuto più more».

Obiettivi e sogni

Quando chiedo loro se hanno obiettivi a lungo termine, i toni si fanno più pratici. Dato che i costi per partire non sono indifferenti (si parla, nel loro caso, con attrezzatura completa di centrifuga, di circa 5’000 franchi) uno degli obiettivi, come mi spiega Remo, è «da un lato meramente finanziario, coprire i costi d’investimento». Per il resto, desiderano godersi quello che stanno facendo. «Ci lasceremo sorprendere. Comunque, non bisogna fissarsi degli obiettivi in termini di produttività, perché se lo fai per quello è dura e diventa uno stress. Vivere di apicoltura è molto tosta e in Ticino son pochi a farlo. Noi lo facciamo come hobby e sono i nostri lavori di informatico e infermiera che ci portano la michetta a casa». Federica mi dice che quello dell’apicoltura è un mondo in cui, quando ci entri, è difficile uscirne. «Spero di poter continuare a farlo con passione e senza troppo stress legato a fattori negativi esterni».

E quindi chiedo loro se hanno un qualche sogno nel cassetto o, per meglio dire, “nel melario”. «Ne abbiamo due», mi dice Remo. «Federica adorerebbe provare a fare del miele di rododendro in quota. A me, anche se qui in Ticino non si addice tanto, piacerebbe prendere un terreno in pianura dove provare a fare miele puro di lavanda». Ad avere i mezzi finanziari e più tempo libero, mi spiega Federica, farebbero molto di più.

L’apicoltura che unisce e insegna

Federica e Remo si reputano ancora principianti, malgrado le sei arnie e un raccolto piuttosto produttivo, che ora rimarrà a decantare per tre settimane. «È un lavoro faticoso», mi confessa Remo. «Se si può condividere questa attività con qualcuno è sicuramente meglio. Essendo una passione per entrambi, l’apicoltura è anche una cosa che ci tiene vicini, che ci fa litigare! Dopo è vero che siamo molto complementari: lei è la testa, io sono più l’aspetto fisico; lei è la tipa che passa le ore a documentarsi, io sono un po’ più istintivo. Però è bello, perché poi c’è un confronto». Federica è d’accordo. «La mia fortuna è che anche lui sia così appassionato, perché a un certo punto da sola non ce l’avrei fatta».

Ma non ci fermiamo a questo. L’apicoltura finisce per fornire anche importanti insegnamenti di vita. «Lavorando con le api», mi dice Federica, «bene o male devi imparare delle cose di te, o addirittura cambiarle. Io sono una persona generalmente molto impaziente; vorrei vedere subito il risultato. Invece impari a rispettare i tempi che non sono tuoi e ad adeguarti. Poi va anche detto che puoi aver studiato tanto e aver fatto tanta pratica, ma in natura ci sono cose che non puoi controllare e devi imparare ad accettarle». Come aggiunge Remo, «ti rendi conto del limite umano e del fatto che non puoi avere tutto sotto controllo, come spesso è insito nell’uomo».

A chi vuole buttarsi come loro, Federica e Remo raccomandano di non lasciarsi intimorire una volta che si è capito come funziona il tutto, anche perché l’apicoltura è uno di quei lavori in cui, più si sa, più si ha l’impressione di non sapere. «Non si smette mai di imparare e ogni anno sembra un po’ di ripartire da zero», ribadisce Federica. «È però un’attività che dà tanta soddisfazione». Glielo leggo negli occhi che è vero. In fondo, è proprio come mi dice Remo scherzosamente: «quando ti punge, ti punge!»

Andrea Arrigoni