Provate a dare un profumo al Natale. Provate a pensare a una bevanda calda, profumata, dall’aroma inconfondibile. È il vin brûlé, che annualmente anima i mercatini natalizi di tutta la Svizzera e non solo; una tradizione senza tempo e senza confini, tanto quanto lo è quella del Natale.

Anche quest’anno, molti mercatini natalizi sono stati annullati e quelli che non lo sono stati non hanno sicuramente avuto la stessa affluenza di un tempo. Se qualcuno vorrà gustarsi un buon bicchiere di vin brûlé, avrà forse più occasione di berlo al chiuso, a casa propria o in compagnia di parenti e amici. In redazione abbiamo quindi pensato di proporvene una ricetta, che sicuramente vi farà fare un figurone con i vostri ospiti. Ma prima, facciamo qualche salto indietro nel tempo, alla scoperta delle sue origini e delle sue variazioni.

Dalle strade di Roma a quelle del mondo intero
Negli ultimi anni, di vin brûlé, vin chaud o glühwein che dir si voglia, si sente parlare sempre più spesso. Sono anche sempre più numerose le varianti, sia nella scelta delle spezie con cui aromatizzarlo, sia nella base alcolica. Si sta per esempio affermando anche in Ticino la birra brûlé, che in realtà non è altro che una bevanda inglese di origine medievale. Questa è probabilmente la prima cosa da chiarire: il vin brûlé, così come tutta la famiglia di bevande che gli ruotano attorno, hanno una lunghissima tradizione.
Sebbene abbia probabilmente una storia ben più antica, la prima testimonianza pervenutaci è quella presente nell’opera De re coquinaria, una raccolta di ricette compilata attorno al I secolo a.C. attribuita al gastronomo Marco Gavio Apicio. La ricetta di quel che viene chiamato “Conditum paradoxum”, un vino aromatizzato “incredibile”, si conquista perfino un posto d’onore all’interno del libro comparendo all’inizio. Siamo ben lontani dalla ricetta odierna, ma l’idea è la medesima: vino cotto sul fuoco, dolcificato con miele e aromatizzato con pepe nero, foglie di nardo (una pianta aromatica di origine asiatica), zafferano, datteri e una particolare resina vegetale. Ad avermi però incuriosito è la ricetta catalogata subito dopo, di un certo Conditum melizonium viatorium, che con vino, miele, pepe e spezie viene cotto per esser poi servito lungo la strada ai passanti. Qualcosa che, malgrado duemila anni di distanza da allora, può suonare molto famigliare.

È nel corso del Medioevo che in Europa fanno la loro comparsa le spezie importate da Africa, Medio-Oriente e Asia che oggi reputeremmo fondamentali per un vin brûlé ben riuscito: cannella, chiodi di garofano, noce moscata, cardamomo, anice stellato, zenzero, ecc. Con la scoperta delle Americhe spuntarono infine gli ingredienti mancanti: la vaniglia, originaria del Messico, e lo zucchero di canna, che allora era considerato un vero e proprio prodotto di lusso e aveva un prezzo, anche se solo quello, salatissimo.
La cultura dei vini aromatizzati si è tramandata nei secoli dando vita a un’infinità di varianti regionali. Oggi, per esempio, in Scandinavia si beve il “glögg”, che viene consumato d’inverno e nel periodo prenatalizio come il vin brûlé: un vino o misto di vino e altri alcolici cotto e aromatizzato alle spezie e alla frutta. Sulla penisola iberica, invece, ricorderete tutti la sangria, che per quanto se ne distanzi parecchio, è pur sempre una variazione della stessa ricetta: vino zuccherato, aromatizzato con frutta e spezie, tra cui figurano sempre la cannella e i chiodi di garofano.

Un prodotto tipico ticinese, o…
Ma può quindi il vin brûlé considerarsi un prodotto tipico ticinese? Se lo consideriamo come prodotto instauratosi nella cultura dei mercatini natalizi e nel periodo invernale, magari pure a base di vino ticinese, la risposta ovviamente è sì.
Per di più, spezie come la cannella sono ingredienti spesso fondamentali della nostra cucina. Cotechino, luganighette, mortadella di fegato e altri insaccati caratteristici della regione, secondo le ricette riportate dal Patrimonio Culinario Svizzero, vengono per esempio tutti aromatizzati con spezie come chiodi di garofano, cannella e noce moscata. Lo stesso si può dire per le celebri spampezie o per altri prodotti dolciari come i pan di mort o le ciambelle ticinesi. Senza poi dimenticare il nocino, che viene a sua volta insaporito spesso con cannella e chiodi di garofano.
Insomma, sebbene queste spezie non crescano in qualcuna delle nostre valli, il loro impiego fa ormai parte della cultura culinaria ticinese da secoli. Allo stesso modo, quegli inconfondibili profumi dolci e speziati sono per molti di noi sinonimo di Natale. Al solo pensiero, ricordo quando da piccolo aiutavo mia madre a fare i biscotti, o quando passeggiando tra le bancarelle dei mercatini di paese sentivo la fragranza aromatica del vin brûlé.
Tullio Carrara, che partecipa abitualmente a numerosi mercatini natalizi ticinesi proponendo il proprio vin brûlé, ci racconta come lo abbia «sempre riempito di gioia vedere i sorrisi e i cenni di approvazione dei clienti, dopo che lo avevano assaggiato». Tullio ci dice che la mancanza o l’annullamento di tanti eventi prenatalizi, anche quest’anno, è proprio «un dramma per tanti, per tante persone, che come me preparano i propri prodotti a casa e li vendono ai mercatini per tirar su qualcosa». Un dramma per loro come lo è per chi ama passeggiare per le viuzze dei paesi a caccia di regali per i propri cari e, perché no, di una tazza fumante di buon vin brûlé con cui combattere il freddo.
Quell’aroma che sa di Natale, anche se forse non possiamo sentirlo per le vie dei paesi nemmeno quest’anno, possiamo sempre ricrearlo nelle nostre case. La ricetta del vin brûlé che vi propongo è piuttosto semplice, anche per uno come il sottoscritto che in cucina di solito fa solamente disastri o getta subito la spugna. Eppure, questa volta il risultato finale è stato incredibile. Di vin brûlé, vin chaud e glühwein che dir si voglia, soprattutto negli spensierati anni dell’università, ne ho bevuti tanti. Alcune volte forse anche troppi. Posso però giurare di non averne mai bevuto uno più buono di questo. Magari sarà anche perché l’ho preparato con i miei genitori e quindi avrebbe comunque avuto un sapore speciale, ma l’esito testimonia ancora una volta quanto la cucina casalinga sia spesso la migliore. Il consiglio che vi do di cuore è: provate per credere. Di ricette ce ne sono davvero un’infinità e la nostra non inventa nulla di nuovo, ma abbiamo provato a riunire quelle che ci sembravano più interessanti e gustose per arrivare a qualcosa che potesse ricordare la versione ticinese e soddisfare il maggior numero di persone possibile. In questo periodo, preparare il vin brûlé come aperitivo da offrire ad amici e famigliari è senz’altro qualcosa di originale e delizioso, che scalderà il corpo e l’animo di tutti i presenti.

Vino, annacquato ma non solo
Prima di tutto, mio padre ed io ci siam chiesti che vino usare, anche perché non è una scelta scontata essendo proprio l’ingrediente principale. Personalmente, credo che valga la regola per cui, più è buono il vino, più buono sarà il vin brûlé. Ovviamente non tutti saranno pronti a “sacrificare” una buona bottiglia, ma il rischio ci ha ripagati con un risultato eccellente. Non tutti i vini sono però appropriati; come abbiamo letto in tutte le ricette sono infatti da preferire vini corposi, con un sapore strutturato e un alto tenore alcolico. Anche perché una buona parte dell’alcol se ne va durante la cottura. In Ticino siamo fortunati, perché gran parte dei nostri Merlot si prestano perfettamente allo scopo. Essendo il vino prodotto con uve Merlot molto corposo e fruttato, è un ottimo punto di partenza per un vino dolce e speziato. Noi abbiamo proprio scelto una bottiglia di buon Merlot ticinese da 75dl, anche per restare fedeli al territorio, ma le opzioni sono parecchie.
Abbiamo poi aggiunto 2 dl di acqua naturale per permettere una cottura prolungata che non riducesse troppo il tutto e, seguendo l’esempio di altre ricette, abbiamo anche provato ad aggiungere un altro alcolico: 2 dl di porto rosso artigianale che ci era stato regalato qualche anno fa da amici di famiglia. L’aggiunta è del tutto opzionale e permette anche in questo caso di sperimentare con ciò che avete in casa o che più vi piace. Per esempio, si possono anche utilizzare liquori a base di arancia come il Cointreau o il Grand Marnier o a base di uva come il Brandy o l’acquavite.

Un po’ di dolce, un po’ di aspro
Una volta aggiunti vino, acqua e l’alcolico scelto, abbiamo aggiunto lo zucchero grezzo. Dopo un primo tentativo, buono ma decisamente troppo dolce, ho riprovato a farlo con 120 grammi per bottiglia (75 dl); il risultato mi è sembrato molto più equilibrato, ma bisogna comunque dire che la quantità di zucchero può variare in base ai gusti dei singoli, in base ai prodotti scelti e in base alla durata della cottura. Quando ho sentito Tullio Carrara, mi ha detto che per perfezionare la sua segretissima ricetta ci ha messo più di vent’anni. Quindi, anche per voi a casa, il mio consiglio è di fare come me e cercare la formula che più vi soddisfi.
Alcune ricette sostituiscono allo zucchero il miele, ma noi abbiamo subito scartato l’idea. La maggior parte dei mieli, per lo meno quelli locali, avendo una parte di castagno sono secondo noi troppo forti. Il rischio sarebbe quello di coprire o rovinare l’armonia di sapori che va a crearsi tra le varie spezie. Anche in questo caso, basarsi sui propri gusti è sicuramente fondamentale, ma se avete mai usato il miele in cucina saprete che è davvero difficile dosarlo al punto giusto. Abbiamo poi aggiunto la scorza di un’arancia, quella di un limone e il succo spremuto di entrambi, preferendo usare prodotti biologici o trattati poco, soprattutto considerando che dovevamo mettere nel vin brûlé la scorza. Anche se alcune ricette dicono di usare arancia e limone interi tagliati a pezzetti, consiglio di evitare la parte bianca interna della buccia, che può rischiare di rendere il risultato finale amarognolo. Nei vari tentativi, abbiamo anche ripercorso una ricetta del vin chaud vallesano che usava l’arancia intera, ma per quanto non fosse affatto male, era decisamente amaro. Ancora una volta, la scelta sta al singolo e si basa sul risultato che si vuole ottenere. Chi vuole può anche decidere di aggiungere una mela sbucciata e tagliata a spicchi.

E una generosa dose di spezie
Infine, è arrivato il momento degli ingredienti fondamentali per il gusto tipico di questa calda bevanda invernale. Nella ricetta che abbiamo provato abbiamo scelto le più classiche: cannella, chiodi di garofano, anice stellato, noce moscata, zenzero e vaniglia. Altre versioni menzionavano anche il cardamomo, le bacche di ginepro, le foglie d’alloro e la frutta secca e in questo caso credo proprio potete sbizzarrirvi e sperimentare seguendo il vostro istinto e basandovi anche su ciò che avete a disposizione nelle vostre dispense. Per la dose da quattro persone e partendo da una bottiglia di vino da 75 dl, i quantitativi che abbiamo testato e che hanno dato ottimi risultati sono 8 grammi di cannella, 8 grammi di zenzero fresco, sbucciato e leggermente schiacciato per rilasciar meglio il succo, 4 chiodi di garofano, 1 stecca e mezzo di vaniglia, incisa per il lungo e raschiata, e infine una generosa grattata di noce moscata.

Per scaldare il corpo e lo spirito
Una volta aggiunti tutti gli ingredienti in una pentola, il resto è stato davvero una bazzecola: abbiamo scaldato e portato a ebollizione mescolando con una frusta per sciogliere meglio lo zucchero e dopodiché abbiamo abbassato subito la fiamma, lasciando sobbollire dolcemente. Il nostro vin brûlé, per finire, era rimasto sul fuoco per un’ora, ma il tempo di cottura dipende dal tenore alcolico che si vuole mantenere, dall’intensità di sapori e dolcezza e dalla viscosità del liquido. In 30 minuti, il vin brûlé sarà più alcolico, meno viscoso e leggermente meno pepato. Dopo un’ora, si avrà invece un prodotto più pastoso al palato, con un sapore intenso, dolce e ben speziato e con una gradazione alcolica inferiore. Un’altra tecnica per ridurre la quantità di alcol può essere quella di fiammeggiare ripetutamente la superficie durante la cottura, ma noi volevamo ancora mantenere un po’ di alcol e abbiamo preferito lasciare che fosse l’ebollizione a fare il resto. Per un’ultima volta, i vostri gusti personali sono sempre la chiave per decidere il da farsi.

Alla fine, abbiamo filtrato il tutto con un colino e il vin brûlé, ancora caldo e fumante, era pronto per essere gustato. Noi l’abbiamo bevuto come aperitivo, accompagnando salumi e formaggi, ma sta a voi decidere quando berlo, se e con cosa accompagnarlo. Sicuramente, sarà perfetto anche insieme ai biscotti natalizi o ai dolci, o perfino insieme a qualche piatto a base di carne. Il mio ultimo consiglio è di cogliere l’occasione per prepararlo e gustarlo insieme ai vostri cari. Il vin brûlé era strepitoso, ma forse le cose più belle sono proprio state la preparazione, con l’aiuto dei miei genitori, le discussioni sugli ingredienti da usare e, soprattutto, il momento in cui lo abbiamo bevuto insieme.

Andrea Arrigoni