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Trivella in spalla, si va a bucare!

Stagione di stanca nella pesca, quella invernale. Per tenersi attivi una buona opzione è quella di portarsi in quota e darsi alla pesca sul ghiaccio.


Lo splendido paesaggio innevato.
Lo splendido paesaggio innevato.

Il bello della pesca è che si riesce a scomporre un anno in periodi nei quali vale la pena dedicarsi a un determinato tipo di attività. L’inverno, soprattutto per gli appassionati di pesca con artificiali, non offre moltissimo. In special modo per chi ama le trote, gennaio è un mese difficile. Le opzioni sono poche: tentare le trote lacustri al lancio (ma evitare un triste fallimento è praticamente impossibile), visitare i laghetti a pagamento del Nord Italia, oppure trovarsi un bacino alpino nel quale è consentito praticare l’Ice Fishing. Nel nostro caso, abbiamo optato per quest’ultima soluzione. Dopo avere chiamato all’appello una discreta massa di pescatori ticinesi in astinenza, eccoci sbarcare dalle gondole del Melchsee-Frutt per fiondarci sulle rive del laghetto che dà il nome alla stazione sciistica obvaldese.


Quando si sale in quota l’aspetto meteorologico è fondamentale, e ai 30 partecipanti del Tessiner Weekend è andata di lusso. Ad accoglierci infatti abbiamo trovato un bel sole e poco (ma comunque insistente) vento. Inforcate le racchette da neve, messe in spalla pala e trivella, abbiamo preso possesso della superficie gelata e iniziato a perforare con incredibile entusiasmo il metro di neve e ghiaccio che ci separava dall’ambiente liquido.

Una volta procurato l’accesso al mondo subacqueo, non ci è restato che impugnare la piccola canna da ghiaccio e immergere gli artificiali, con la speranza di avere speso le nostre energie scavando in una zona valida. Abbiamo utilizzato una canna corta, di 90-100 centimetri, in modo da potere restare in prossimità del buco ed essere più performanti nell’animazione verticale dell’esca. Quest’ultima è di norma un pesciolino in gomma o in metallo, classiche esche da jigging. Appurato di avere perforato una zona con acqua (lo si evince dall’assenza di terra sulle lame della trivella) in men che non si dica ci siamo immersi con l’esca in un mondo parecchio immaginario, in cui si cerca di capire cosa succede là sotto. Ci saranno trote? Piacerà il modo in cui muovo l’esca? E il colore? E le dimensioni?

In mezzo a questo viaggio della psiche, la difficoltà sta nel “sentire” l’abboccata del pesce. In condizioni di acqua fredda e ambiente piuttosto buio, sono spesso impercettibili e i pinnati tendono più ad assaggiare che a mangiare. Ma oltre alla meteorologia, anche la buona volontà dei salmonidi ha sorriso all’orda sudalpina. Numerose catture hanno allietato la giornata, e il buon umore l’ha fatta da padrone. Durante la pausa pranzo i più organizzati hanno estratto i ferri del mestiere e improvvisato una grigliata, accompagnata da umili sorsate di birra e vino, consumate in compagnia prevalentemente per combattere la disidratazione.

Vera circondata dalla neve.
Vera circondata dalla neve.

Nel lago sono presenti tutti i tipi di salmonidi presenti sull’arco alpino: iridee, fario, salmerini alpini, Fontinalis e canadesi. La sfida sta nel catturare una memorabile nordamericana, che tra tutti i pesci presenti è certamente quello che raggiunge le dimensioni più importanti. Nel mio caso, non ne ho vista nemmeno una durante la prima giornata. Ma il bello dell’evento è questo: esiste un domani!

E infatti, dopo essere saliti in motoslitta verso la capanna Tannalp, avere consumato una lauta cena in compagnia e cercato di sgattaiolare in stanza per racimolare un numero di ore di sonno sufficiente a gestire il secondo giorno, eccoci raggiungere il Tannensee. Un lago spettacolare, situato su un altopiano alpino e contornato da cime innevate. Ed è lì che le migliori soddisfazioni si sono fatte raccogliere. Come nelle storie a lieto fine, la levataccia mattutina e la camminata al buio hanno portato a sorprese inaspettate. Nel silenzio e la quiete di un mondo ovattato dalla neve, a piegare la canna sono state alcune canadesi di buone dimensioni. Catture non inaspettate, ma come sempre per nulla scontate.

E come spesso accade quando si va a pesca, anche quando si prende poco o nulla, eccoci tornare a casa con il sorriso stampato sulla faccia bruciacchiata dal sole, grati di avere potuto staccare la testa da un mondo che, ogni tanto, corre troppo veloce.

Arno Dagani con una trota canadese.
Arno Dagani con una trota canadese.



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