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Qual è il valore di un albero?

È stata questa la domanda che ha iniziato a girarmi in testa dopo aver assistito alla potatura di un pero storico a Grumo, in Val di Blenio, iniziata sabato 15 febbraio e portata a termine il sabato successivo. E la risposta è stata un’altra domanda: ma di quale valore stiamo parlando?

Andiamo con ordine. La giornata, organizzata dall’associazione Meraviglie sul Brenno in collaborazione con i Frutticoltori ticinesi, era suddivisa in due parti. Al mattino è stata eseguita la potatura di un pero monumentale a Grumo e nel pomeriggio quella di peri giovani piantati da Michele Togni a Semione, nei terreni dell’azienda agricola Scarp. Nella stessa giornata, la dozzina di partecipanti ha potuto così seguire una potatura di conservazione e una di formazione.


Daniele Reinhard durante il lavoro di potatura.
Daniele Reinhard durante il lavoro di potatura.

Un pero con due varietà diverse

Quando sono arrivato a Grumo, a metà mattinata, Daniele Reinhard stava spiegando ai presenti come assicurare l’imbragatura per salire su un albero in sicurezza e procedere alla potatura. Il versante orientale della valle era ancora in ombra e la terra sotto i piedi ghiacciata. Giusto il tempo di salutare Alberto Sassella, che subito inizia a spiegarmi alcuni dettagli della pianta «vedi il primo ramo? È a quell’altezza perché così sotto può passarci il trattore», mi dice. Mauro Giudici della Ganna invece mi spiega che cosa intende Alberto nella sua spiegazione, quando parla dei succhioni «Sono i rami che, quando la pianta è in formazione, andrebbero tolti perché non partono perpendicolari rispetto al tronco, ma si sviluppano verso l’alto. E si chiamano così perché succhiano energia al ramo che dovrebbe fruttificare».


Su di un vecchio albero, sovente i succhioni crescono sulla parte alta della chioma, per cui eliminarli diventa faticoso. Lasciandoli questi si mettono a frutto ed in seguito con il peso della produzione si piegano verso il basso. Quando la pianta è giovane, vale senz’altro la pena tagliarli. Mentre Daniele sale verso la cima del pero cerco di scoprire qualcosa di più su quest’albero, parlando coi proprietari della parcella.

Ci troviamo sui terreni di Umberto Malingamba che alleva vacche nutrici, Limousine e Piemontesi e che mi dice che a sapere tutto di quella pianta è suo papà, «che però verrà fuori solo quando arriverà il sole». La parcella dove sorge il pero è stata fino a un certo punto dei Masina e dei Malingamba, mi spiega Renato Antonio, il papà di Umberto, che mi dice anche che sullo stesso pero crescono due varietà diverse: quella in alto è probabilmente pisöo vernìn (andrebbe verificato mediante analisi genetica) in basso invece la decana. È sempre stato così, da quanto ricorda. «La varietà in art la var pòch, quela chi in bass l’è squisitissima», continua Renato, che mi dice che anche la forma è diversa: quelle che crescono in alto sono rotonde, quelle in basso invece hanno proprio la forma di pera e una migliore resistenza. L’albero, mi dice, l’ha piantato suo nonno: Giò Maria Virgilio Malingamba e dovrebbe essere arrivato dalla Francia, dove era emigrato «come tüt, par fa or lavapiatt». Ma dopo, «l’è diventà gestù dal famoso ristorant dai tempi: “Chez Casati”». Mi spiega poi che quando l’anarchico italiano Sante Caserio ha assassinato il presidente francese Sadi Carnot, è iniziata la caccia a «chii chi portava un nom italian. L’è scapàa e l’è tornàa in Svizzera». È stato allora che il bisnonno di Umberto è tornato in Valle e, verosimilmente, ha portato con sé la marza di un pero. L’età dell’albero è quindi stimabile attorno ai 130 anni.


Grazie al lavoro fatto negli scorsi anni da Muriel Hendrichs, su incarico di Meraviglie sul Brenno, come mi dice Delia Giudici della Ganna, «oggi si sa che ce ne sono più o meno 500 di peri monumentali in valle di Blenio e rappresentano un vero e proprio unicum in Ticino» Alberto Sassella mi dice anche «che se la Capriasca ha i meli, qui in Val di Blenio invece ci sono questi peri storici, molto più imponenti e dovuti probabilmente al fenomeno dell’emigrazione verso la Francia. Sono ormai diversi anni che interveniamo sui peri monumentali qui in valle. Ne abbiamo potati già tre a Semione, uno a Lottigna, poi siamo andati a Prugiasco, a Corzoneso e adesso siamo qui a Grumo, proprio per dimostrare alla gente l’interesse nel mantenere questi alberi, per far vedere il potenziale che hanno. Sarebbe davvero un peccato se i proprietari decidessero di tagliarli».


Alberto Sassella, a sinistra, spiega come procedere nella potatura di un albero da frutto.
Alberto Sassella, a sinistra, spiega come procedere nella potatura di un albero da frutto.

E a proposito di interesse…

Proprio mentre Daniele Reinhard procedeva con la potatura del pero secolare, a metà mattinata, è tornato a casa Nico Malingamba, selvicoltore e cugino di Umberto che, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con i presenti, si è messo all’opera seguendo le indicazioni di Alberto Sassella iniziando una potatura nel frutteto famigliare che si trova a pochi metri dal pero monumentale composto da: meli, peri, ciliegi, susini, prugni. «Ad occuparsene», mi dice una volta finita la potatura in parallelo «è soprattutto mio nonno Giuseppe». Ma come funziona a grandi linee? « Il concetto di base è quello di scegliere le branche principali che creano la struttura dell’albero, in seguito su ogni ramo, con la potatura, si cerca di dare una forma conica alla pianta, con le branche laterali più grosse in basso e quelle più fini in alto e scegliere le principali cercando di portare la maggior quantità di linfa proprio su quel ramo, tagliando i succhioni. Poi però, come tutte le cose», ha concluso, «a fare la differenza è l’esperienza, bisogna farsi l’occhio, anche per ragionare di anno in anno, in prospettiva futura».



E a proposito di esperienza torno da Alberto Sassella, per farmi spiegare come si è proceduto sul pero monumentale. «Il Daniele ha cercato di togliere quei rami che sono sovrapposti, che tolgono la luminosità e creano umidità all’interno della chioma. Così è più arieggiato e la pezzatura dei frutti migliorerà. Con questa potatura si cerca di restituire la fisionomia completa della pianta. Così, con l’avanzare della stagione, emetterà nuova vegetazione che si metterà a frutto. Di fondo si cerca soprattutto un rinnovo, un rinfresco della pianta: si opera con l’obiettivo di ringiovanire le parti che hanno fruttificato». L’incontro tra Nico e Alberto in fondo è stato casuale, ma ha senza dubbio fornito un ottimo esempio di come una potatura dimostrativa possa contribuire a trasmettere conoscenze e valori.


Ma torniamo al valore: «economico, di protezione, ecologico e sociale?»

È stato Nico a spiegarmi che questi sono i valori che vengono attribuiti al bosco oggi, così gli è stato insegnato a scuola. Prima di scrivere questo testo e dopo aver passato un sabato in Val di Blenio, ho pensato, riportando queste categorie a un albero, a come potesse essere inteso il valore di un pero 150 o 200 anni fa, quando le persone si spostavano a piedi, in bici o a cavallo. Quando si lavorava soprattutto all’aperto. E a quanto poteva spiccare l’esplosione di bianco di un pero in fiore in un paesaggio fatto soprattutto di campi, con edifici bassi che erano rare eccezioni.

Sono sicuro che ci si dava appuntamento sotto gli alberi, ci si riparava dal sole, ci si salutava e di certo venivano usati come punto di riferimento per trovare la via, tanto nelle giornate di nebbia che in quelle primaverili. Erano elementi del paesaggio vissuti ed interiorizzati, con un valore che, forse, soltanto in tempi recenti si sta iniziando a recuperare. Oggi purtroppo non si dà più lo stesso valore di un tempo a un albero, come testimonia l’abbattimento di quello che era forse il pero più vecchio della Svizzera e che è stato segato al piede qui a Grumo, alla fine degli anni ’90. «Era davvero bello quand’era fiorito», mi ha detto Nico che se lo ricorda da quand’era bambino. Il progetto di valorizzazione legato ai sentieri tematici in Val di Blenio, oltre a far vivere di nuovo il frutto, facendolo magari seccare, oppure producendo succo o grappa, mira innanzitutto a preservare le piante. «Ne abbiamo già fatte diverse di potature così di piante monumentali, ma cercheremo di incentivarle ancora di più. Chi volesse, può contattare l’associazione Meraviglie sul Brenno (associazione@meravigliesulbrenno.ch) per richiederla», mi dice Delia.

Anche perché in un’ottica di sviluppo di turismo lento, in cui la velocità cambia, così come lo sguardo, un paesaggio punteggiato dalla fioritura di alberi da frutto è già un valore in sé. Nel discorso dei valori, si tratta quindi di riuscire a recuperare soprattutto (quello) socio-culturale, che un tempo era forse più condiviso. «Se posso aggiungere ancora una cosa», mi ha detto Delia poco prima di pranzo, «una piccola soddisfazione di recente l’ho avuta, perché Micha Heubi, che tra le altre cose tiene delle lezioni di frutticoltura a Mezzana, quando ha chiesto qual era il valore e l’importanza di un albero da frutto in una classe, ha ricevuto proprio questa risposta da un allievo della Val di Blenio».


Nico Malingamba all’opera nel frutteto di famiglia.
Nico Malingamba all’opera nel frutteto di famiglia.

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