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La politica agricola futura

Sabato scorso a Bellinzona ha avuto luogo una tavola rotonda che ha voluto illustrare gli obiettivi che Berna intende raggiungere entro il 2050 nell’ambito agricolo.


Come ricordato dal dr. Diego Forni, presidente dell’Associazione ticinese tecnici agricoli e alimentari (ATTAA), le agricoltrici e gli agricoltori  svizzeri sono confrontati con tutta una serie di difficoltà. Il cambiamento climatico comporta periodi di siccità e eventi metereologici estremi sempre più frequenti, ai quali l’agricoltura è costretta ad adattarsi; gli accordi internazionali dettano quali prodotti arrivano sul nostro mercato interno e le tasse doganali per importazioni ed esportazioni; le abitudini alimentari dei cittadini stanno mutando e il consumo di carne è in diminuzione; e gli oneri amministrativi pesano in modo significativo sul carico di lavoro complessivo di un’azienda agricola. A proposito di questi ultimi l’intenzione, recentemente espressa anche da Guy Parmelin, è quella di diminuirli entro il 2026.


Omar Pedrini, presidente dell’Unione Contadini Ticinesi.
Omar Pedrini, presidente dell’Unione Contadini Ticinesi.

Visione 2050

La futura politica agricola, come spiegato da Mauro Ryser, collaboratore dell’Ufficio federale dell’agricoltura, sarà orientata a una maggiore sicurezza alimentare, si punta a raggiungere una percentuale del 50% di autoapprovvigionamento, attraverso la sostenibilità della produzione, inoltre si vogliono una diminuzione dell’impronta ecologica, migliori prospettive sociali ed economiche e una semplificazione delle pratiche burocratiche. Più nel dettaglio per quanto riguarda la sicurezza alimentare si punta a produrre in modo più efficiente, rafforzando e migliorando la selezione, vegetale e animale, e puntando molto su sviluppo tecnologico e innovazioni scientifiche. Inoltre si vuole sfruttare maggiormente il potenziale di produzione vegetale, più efficiente dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse rispetto alla produzione di carne. Mauro Ryser ha però tenuto a sottolineare che potenziare la produzione vegetale non significa diminuire o penalizzare quella di carne.


Un cambio di paradigma

La nuova politica agricola non sarà più pensata e programmata tenendo conto solo del settore primario, ma coinvolgerà l’intera filiera, vale a dire consumatori, vendita, e trasformazione. Per la diminuzione dell’impronta ecologica si vorrebbe andare ad agire in particolare sulla filiera della trasformazione, sul commercio e sulla sensibilizzazione dei consumatori, ambiti questi in cui esiste ancora un ampio margine di miglioramento. Un obiettivo importante da raggiungere ad esempio è quello della diminuzione di tre quarti degli sprechi alimentari, che attualmente avvengono principalmente proprio a livello di trasformazione e consumatori finali, questi ultimi sono responsabili della percentuale maggiore degli sprechi: ben il 38% del totale. Inoltre si intende dare maggiore importanza agli aspetti di sostenibilità all’interno dei futuri accordi commerciali. Un altro aspetto importante è il miglioramento delle prospettive economiche per chi intraprende il mestiere di agricoltore, un obiettivo che potrebbe essere raggiunto puntando molto sull’innovazione che negli auspici della nuova politica agricola dovrebbe permettere di aumentare l’efficienza e di conseguenza la redditività. Inoltre in un’ottica di sensibilizzazione del consumatore si vuole rendere più trasparente il meccanismo di creazione del prezzo dei prodotti al dettaglio. Da ultimo, ma non meno importante, la politica agricola futura vuole semplificare, già entro il 2030, diverse pratiche burocratiche, a cominciare da quelle per l’ottenimento dei pagamenti diretti, fornendo alle aziende degli obiettivi ma lasciando discrezionalità su come raggiungerli.


Come aumentare l’efficacia delle politiche agricole

Robert Finger, professore di agroeconomia e politica agraria al politecnico federale di Zurigo, ha illustrato i risultati di un sondaggio condotto in tutta la Svizzera nel quale si voleva indagare l’importanza di obiettivi come il benessere animale o la diminuzione dell’emissione di gas serra e quanto questi dovrebbero pesare sul budget agricolo complessivo. Va notato che spesso tali obiettivi possono essere in conflitto l’uno con l’altro. Dal sondaggio è emerso che il benessere animale è considerato estremamente importante dalla popolazione svizzera, così come la protezione dell’ambiente, tuttavia è anche emerso che il raggiungimento di questi obiettivi, sempre secondo i partecipanti al sondaggio, non dovrà avvenire a discapito del reddito dei contadini e nemmeno del livello di autoapprovvigionamento. La politica agricola svizzera, ha spiegato il professor Finger, è stata fortemente adattata negli ultimi decenni: ora è costituita da varie leggi e strumenti, molti dei quali sono stati recentemente introdotti. Di conseguenza, la complessità è aumentata notevolmente. Nonostante gli alti costi – tra pagamenti diretti, protezione alla frontiera, e altri incentivi si arriva a 6’000 franchi all’ettaro all’anno – e i grandi sforzi degli agricoltori e di molte altre parti interessate, però, vari obiettivi non sono ancora stati raggiunti. Ciò vale ad esempio per le aree della biodiversità e della protezione delle acque e del suolo, anche se negli ultimi anni molto è stato migliorato. Per invertire questa tendenza e rendere la politica agricola futura più efficiente tre aspetti sono di importanza centrale. Innanzitutto, concentrarsi di più sui risultati piuttosto che sulle azioni e sugli input. In secondo luogo, dare più spazio di manovra alle famiglie contadine e da ultimo l’obiettivo degli strumenti di politica agricola dovrebbe andare al di là della singola azienda agricola. Tutte queste misure possono contribuire a rendere la politica agricola più semplice, più efficace ed efficiente, e a raggiungere gli obiettivi prefissati a costi inferiori. Inoltre, l’onere amministrativo può essere ridotto se, ad esempio, saranno necessari meno requisiti, controlli, e obblighi di documentazione.


Mauro Ryser, collaboratore dell’Ufficio federale dell’agricoltura.
Mauro Ryser, collaboratore dell’Ufficio federale dell’agricoltura.

Le specificità del Ticino

A conclusione della conferenza Omar Pedrini, presidente dell’Unione Contadini Ticinesi (UCT), ha sottolineato alcuni aspetti che rendono la situazione ticinese diversa da quella del resto della Svizzera. Il nostro cantone ha sia dei vantaggi che delle difficoltà aggiuntive rispetto a quelli del resto del Paese. Se da un lato infatti ad esempio il Ticino gode di un clima mite, ideale per la produzione ortofrutticola, dall’altro riuscire a portare i prodotti ticinesi oltre Gottardo è spesso complicato. Anche la conformazione stessa del territorio presenta diverse sfide: nell’alto Ticino e più in generale nelle valli la frammentarietà del territorio e la lontananza dalle principali vie di comunicazione rende lungo e complicato il trasporto delle merci prodotte. In altre zone invece, è il caso ad esempio del Mendrisiotto, terreni fertili che sarebbero ideali per l’agricoltura sono però ambiti anche da altri settori, come quello industriale, e questa concorrenza fa diminuire le aree destinate all’agricoltura. È stato citato anche l’esempio della vendita diretta, che pur rappresentando una possibilità di introiti aggiuntivi, in un mercato limitato come il nostro deve confrontarsi non solo con la concorrenza data dai supermercati, ma anche con quella creata dal cosiddetto turismo della spesa.


Il nuovo paradigma, che lega l’ottenimento di sussidi al raggiungimento di obiettivi invece che all’implementazione di specifiche misure, aumenta inoltre notevolmente il rischio imprenditoriale delle singole aziende.

L’UCT pertanto si augura che possa esserci una differenziazione delle misure che tenga conto delle unicità a cui è confrontato il Ticino dando maggiore margine di manovra alle aziende, e che vengano definiti obiettivi per le diverse zone, con un focus specifico dato alla produzione di derrate alimentari.



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