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Varietà resistenti: è fondamentale il confronto tra viticoltori

Alla serata organizzata dalla Federviti Mendrisio giovedì 23 gennaio a Mezzana sui vitigni resistenti erano presenti una quarantina di viticoltori. E in buona parte avevano già maturato esperienze con varietà interspecifiche. Partendo dalla presentazione di Luca Locatelli sono emerse diverse considerazioni sulla scelta dei vitigni: è fondamentale la resistenza alle principali malattie, ma anche la resa per metro quadro, le caratteristiche gustative e il marketing.


Meglio parlare di tolleranza piuttosto che di resistenza

«Il Merlot è stato scelto 130 anni fa e inizia a mostrare qualche punto debole, soprattutto in fioritura, come successo quest’anno. A medio termine vale quindi la pena ragionare su altre varietà». È stata questa una delle premesse di Luca Locatelli che, dopo la laurea in biologia, è tornato in Ticino ed è entrato nell’azienda di famiglia, la Cantina Chiericati dove, pur continuando nel solco della tradizione, ha inserito un approccio innovativo e sperimentale.

«L’attività della nostra Cantina si basava da sempre sul conferimento delle uve e a me la parte viticola mancava. Quando mi sono informato su che vigneti impiantare ho deciso fin da subito di orientarmi sulle varietà Piwi con il progetto Manimatte».

Piwi, la sigla che abbrevia il termine tedesco pilzwiderstandfähig, indica varietà di vitis vinifera selezionate per resistere in particolare a peronospora e oidio. Tra le prime cose chiarite da Luca Locatelli è che sarebbe senz’altro più sensato parlare di “tolleranza” piuttosto che di “resistenza”. Non si tratta infatti di una resistenza totale, anche i vitigni interspecifici hanno bisogno di trattamenti. «Le varietà Piwi attuano infatti dei meccanismi di difesa: una volta che vengono attaccate dalle malattie reagiscono. Il numero dei trattamenti è nettamente minore, ma vanno comunque fatti». Se si vuole fare un paragone, a stima, Locatelli ha parlato di circa tre trattamenti, rispetto alla decina richiesta dai vitigni tradizionali. Inoltre, come chiarito durante la serata, «bisogna prestare attenzione anche al momento in cui intervenire: con le varietà resistenti non si interviene per prevenire, ma subito dopo il picco». La vite ha in ogni caso bisogno di protezione fitosanitaria, ma una riduzione di circa il 60-70% del numero di trattamenti, è un vantaggio per il viticoltore, che è meno sollecitato e, naturalmente, anche per l’ambiente e per il vino.


Luca Locatelli, relatore della serata.
Luca Locatelli, relatore della serata.

Conta la selezione genetica, ma resta essenziale la fenologia della pianta

Uno dei punti fondamentali emersi durante la serata è che oltre alla selezione genetica – che avviene in modo naturale con incroci successivi e dura circa 12 anni – e la ricerca nel corredo della pianta di più geni di resistenza alle due principali malattie fungine, non vanno trascurati la fenologia della pianta e il terroir. Un buon esempio al proposito è quello fornito dal Souvigner gris, che pure presentando un numero limitato di geni di resistenza, grazie al grappolo spargolo, con acini radi, presenta un’ottima resistenza e funziona bene anche per i risultati ottenuti in vinificazione. In Ticino, ad oggi, è coltivata con varietà interspecifiche circa l’8% della superficie vitata totale e si sono già registrate esperienze di rilievo, grazie soprattutto a precursori come ad esempio Mauro Giudici della Ganna o Giorgio Rossi della Cantina Mondò, che coltivano queste varietà da oltre una dozzina d’anni.


Rese, mercato e marketing

Molto interessante l’esempio di un bianco, piuttosto conosciuto, prodotto da Giorgio Rossi con le uve del Sauvignac e che, grazie al successo ottenuto, ha anche contribuito alla diffusione di questo vitigno nel nostro cantone. È curioso notare come Rossi non dichiari in etichetta che si tratta di un vino prodotto con una varietà resistente, ma lo specifichi soltanto sul retro bottiglia. Probabilmente una strategia che si basa sul convincimento che a parlare debba essere innanzitutto il vino, e poi solo in un secondo momento la scelta del vitigno usato per produrlo. Non è l’unico caso di vino prodotto con vitigni resistenti, senza farne una dichiarazione di intenti. La questione del mercato e di come questi vini vengano accettati dal cliente finale ha occupato una certa parte delle discussioni emerse nel corso della serata, perché se da un lato ci sono motivi per operare nuove scelte, dall’altro il cliente finale sembra essere ancora legato al binomio Merlot-Ticino, un po’ per aspetti storico culturali, un po’ per caratteristiche gustative. Per quanto riguarda la possibilità di impiantare vitigni interspecifici, se non si vinifica in proprio, vale la pena accordarsi con la propria Cantina di riferimento per il ritiro delle uve. «C’è una certa disponibilità da parte delle Cantine a ritirare quest’uva. L’ideale è accordarsi, confrontandosi prima di iniziare una nuova produzione instaurando un rapporto diretto con la persona di riferimento», ha chiarito Locatelli.

Da ultimo, ma di certo non di secondaria importanza, soprattutto per i viticoltori, resta il fattore della resa per metro quadro. E tra i quattro vitigni presentati, quello che sembra dare risultati meno soddisfacenti è forse il Divico.


Un grappolo di Souvignier gris.
Un grappolo di Souvignier gris.

Sauvignac, Souvignier gris, Muscaris e Divico

In conclusione di serata, scelta particolarmente azzeccata, si sono potuti assaggiare quattro vini ottenuti da varietà interspecifiche. Il Sauvignac già citato della Cantina Mondò, un Souvignier gris vinificato da Mirto Ferretti, un Muscaris di Luca Locatelli e il Divico della Moncucchetto. Spiazzante la discrepanza tra il profumo e il gusto al palato del Muscaris e la colorazione davvero carica del Divico, unico vino rosso degustato. Alla storia del vino, iniziata in Mesopotamia oltre 5’000 anni fa, va senz’altro aggiunta, naturalmente nel nostro piccolo, anche la serata della scorsa settimana a Mezzana dove viticoltori soprattutto del Mendrisiotto e del Luganese hanno trascorso un paio d’ore in compagnia interrogandosi su come continuare bilanciando selezione varietale e protezione fitosanitaria.


L’apertura delle bottiglie nella vecchia mensa di Mezzana.
L’apertura delle bottiglie nella vecchia mensa di Mezzana.

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